Lelia Saini Bertelli
QUANDO L'ARCHITETTURA PARLA D'AMORE
La Casa sulla Cascata - Fallingwater a Bear
Run 1934-37 , di Frank Lloyd Wright
Si respira aria di festa quest’anno nella Casa dei
grandi architetti. Il 14 settembre scorso Renzo Piano ha spento 70 candeline e,
intervistato da Piero Ottone de La Repubblica, «alla domanda scontata del
giornalista in un giorno di compleanno, se fra tanti successi ne ricorda
qualcuno più memorabile, più elettrizzante, risponde: “Sai, nella vita di un
architetto ci sono momenti elettrizzanti ogni settimana. Vai in giro per il
mondo e trovi ogni giorno un problema da risolvere, trovi una sfida”». Risposta
questa che potremmo benissimo applicare a un altro gigante dell’architettura che
quest’anno (l’8 giugno, per l’esattezza) di anni ne avrebbe compiuti ben 140, il
doppio esatto delle primavere contate da Piano.
Parliamo dell’americano Frank Lloyd Wright, che per
tutto l’arco della sua lunghissima vita (era nato nel Wisconsin nel 1867 e campò
ben 92 anni), continuò a «lavorare bene per la causa dell’Architettura»,
battendosi come un leone e sfidando il mondo intero per difendere le sue idee
innovative. E, a chi il nome di Wright non dicesse granché, ci permettiamo di
dare un piccolo aiuto: avete presente la “Casa sulla Cascata” (Fallingwater
House, la chiamano negli Usa), quella incredibile costruzione sospesa come un
nido di uccelli in un bosco della Pennsylvania e lambita, anzi “attraversata”,
dalle acque del Bear Run, con tanto di cascatella? Ecco, quel gioiellino di
pietra locale, che respira a pieni polmoni il genius loci del torrente e
degli alberi del posto, con quelle terrazze concepite come grandi vassoi, quasi
ci si potesse versare dentro la natura circostante, è – potremmo dire – il
Manifesto dell’ “Architettura Organica”. Che – per usare le parole di Wright –
«è un’architettura che si sviluppa dall’interno all’esterno, in armonia con le
condizioni del suo essere, distinta da quella che viene applicata dall’esterno»
(come potevano esserlo, ad esempio, le piramidi egizie che tendevano, con la
loro imponenza, a schiacciare l’uomo e a farlo sentire piccolo piccolo, una
pulce senza individualità).
L’architetto organico deve tener conto – oltre che
del luogo e dell’individuo – anche del tempo: che mi significa, si domanda
Wright, costruire nel XX secolo un edificio che, stilisticamente richiami, ad
esempio, il rococò o il neoclassicismo? I tempi, la società, le esigenze sono
cambiati: adattiamoci allora a quelle che sono le soluzioni e i materiali di
oggi. «Per essere un moderno (o premoderno e moderno insieme)», annota Enrico
Arosio sulle colonne de L’Espresso, «Wright non amava la città e lo stile
urbano.Figlio del Mid West […] sempre portò con sé […] un amore denso per la
natura, il paesaggio e i grandi spazi».
Ecco che nascono le Prairies Houses, le Case
della Prateria, costruzioni a un solo piano con grande camino centrale, che si
ispirano all’orizzontalità delle immense distese verdi della sua infanzia. Sono
26 quelle di Wright (realizzate tra il 1889 e il 1923), tutte concentrate in un
fazzoletto di 2,5 chilometri quadrati, a Oak Park, un sobborgo della periferia
di Chicago. L’area, che dal 1973 è inserita nel Registro Nazionale dei Luoghi
Storici, è un vero e proprio museo all’aria aperta, e ospita, oltre a quelle del
Maestro, anche altre 60 costruzioni progettate da esponenti della “Prairie
School of Architecture”.
Perché Wright di proseliti ne può contare a decine,
anche qui da noi. Come quel Giovanni Michelucci, per citare uno dei più noti
architetti organici italiani, che ha realizzato nei primi anni Sessanta la
chiesa di San Giovanni Battista, alle porte di Firenze. Detta così, non evoca un
granché nella memoria: ma se parliamo della chiesa dell’Autostrada del Sole,
tutti capiscono al volo. A chi non è mai capitato di vedere – all’incrocio fra
l’A1 e la Firenze-Mare quella specie di grande tenda di rame e cemento, che
sembra un punto di unione fra genti e culture diverse? E fra le migliaia di
automobilisti che sfrecciano sull’asfalto, molti, ci piace pensare (e queste
erano sicuramente le intenzioni dell’architetto) si saranno fermati per un
attimo di raccoglimento, prima di riprendere il viaggio: perché la costruzione
vive e respira con l’uomo, e lo mette al primo livello della creazione
artistica.
«Ed è proprio questa la grande lezione che ci ha
lasciato Wright», ci spiegano alla Sarno Architetti, uno studio di architettura
organica di Cava de’ Tirreni (Sa), gestito dai fratelli Carlo e Carmine Sarno.
«È grazie a lui che siamo giunti a credere che la vera architettura organica sia
la ricerca dell’ottimale ambiente naturale, sociale e spirituale dell’uomo,
condizione necessaria per il buon abitare e il buon vivere». Con l’entusiasmo e
l’amore che li caratterizza, i Sarno curano anche il portale web dell’Adao
(Amici dell’Architettura Organica): per iscriversi non si deve per forza avere
la laurea, possono farlo anche gli studenti, gli studiosi o – semplicemente – i
simpatizzanti della materia. «Fra l’altro, manco a farlo apposta», ci spiega
Carlo con un sorriso, «l’acronimo si pronuncia e si scrive come Adão, che in
portoghese significa Adamo, il primo uomo. E l’uomo – che sia il committente o
il fruitore dell’opera – è sempre al centro dei nostri progetti».
E, chi fosse interessato all’argomento, potrà fare
una capatina in quel di Volterra, cuore verde di Toscana, dove fino al 28
ottobre si tiene una interessante retrospettiva dal titolo “Frank Lloyd Wright,
precursore dell’architettura moderna”. Nella cinquecentesca Villa Palagione,
rivivrà attraverso conferenze, dibattiti e una esposizione multimediale
(immagini, film, disegni, modelli, primo fra tutti quello del Guggenheim Museum
di New York, concepito come una candida spirale rovesciata) la figura del grande
architetto. Che, a chi gli chiedeva quale fosse, tra i tanti progetti
realizzati, quello a cui teneva di più, soleva rispondere: «Il prossimo,
naturalmente!».
Lelia Saini Bertelli
Per informazioni:
www.villa-palagione.org
FONTE :
si ringrazia l'Autrice Lelia Saini Bertelli
che ha cortesemente inviato la versione integrale del suo articolo che tratta di
Architettura Organica, pubblicato sulla rivista "Il Carabiniere" di Novembre
2007, alla Redazione del Portale.
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