sabato 20 luglio 2019

L'ARCHITETTURA ORGANICA E L'APAO DI FRONTE AI SUOI CRITICI, di Bruno Zevi



Bruno Zevi

L'ARCHITETTURA ORGANICA E L'APAO
DI FRONTE AI SUOI CRITICI  

    
Conferenza tenuta dall'arch. Bruno Zevi il 6 dicembre 1947, al 1° Congresso Nazionale dell'Associazione per l'Architettura Organica (A.P.A.O).

Amici congressisti delle APAO,

non è senza titubanza ch'io mi accingo a parlarvi di architettura organica.  Mi è capitato spesso di trattare e di scrivere sull'argomento, ma confesso che questa è la prima volta che mi trovo a parlare di architettura organica ad un consesso di architetti organici.  E' vero che noi diciamo che il carattere distintivo dell'architettura organica rispetto a quella razionale è di essere funzionale anche sul terreno della psicologia; ma qui non si tratta di psicologia, sibbene quasi di una seduta di psicoanalisi collettiva, in cui dobbiamo insieme discutere su quei germi corrosivi e, per fortuna,...infettivi che, nella casistica delle nevrosi moderne, danno luogo a quella strana malattia che va sotto il nome di... APAO.
Quando ci trovammo a stabilire il programma di questo congresso, alcuni proposero di dedicare qualche ora a dibattere gli aspetti culturali dell'architettura organica.  Ma ritirarono subito la proposta non tanto per tema di trasformare questa riunione in un incontro pugilistico, quanto perché tutti avevano la sensazione che ormai l'APAO vale assai più dell'architettura organica.  Avviene in tutti i partiti e in tutte le associazioni.  Si parte da un credo politico o culturale, poi ci si fanno le ossa, si creano e si sviluppano valori di collaborazione, di vita vissuta insieme, di comuni opere, di solidarietà, e ad un certo punto questi valori acquistano un'importanza autonoma, divengono essi stessi la giustificazione dell'essere associati.  La nostra fedeltà all'APAO trascende la valutazione del suo credo architettonico; l'associazione raccoglie ormai le migliori forze dell'architettura moderna italiana dalla Sicilia al Piemonte; lavorando a Torino, voi piemontesi sapete di perseguire intenti per cui operano i giovani architetti di Palermo e di Catania, e questa coscienza dà forza e fiducia, crea un ambiente psicologico di vincoli umani che costituisce una zona di attrazione anche per coloro che altrimenti non si sentirebbero di firmare questa nostra antica Dichiarazione di Principii di colore cospiratorio e carbonaro.  Prima che una poetica comune, ci lega una profonda passione di rinnovamento della scena fisica e morale del nostro paese, una generosità, una volontà di operare su un piano che va al di là degli interessi grettamente professionali e personali.  In tre anni di lavoro, abbiamo creato le tradizioni dell'APAO; sì che, se qualcuno venisse qui questa sera a dimostrarci che l'architettura organica non esiste, che nulla ha un senso di ciò che noi predichiamo culturalmente, e, per uno strano scontro di costellazioni, riuscisse a convincerci tutti, noi risponderemmo: dunque cambiamo nome, e continuiamo a lavorare.
Non è per un caso che delle due associazioni di architettura moderna che preesistevano all'APAO, cioè l'MSA di Milano e la PAGANO di Torino, una di esse si sia unita al nostro movimento. E perché? Perché si richiamava ad un uomo che per noi tutti è segno e simbolo della missione, del coraggio e della vocazione dell'architetto moderno.  Al di là del credo teorico di Giuseppe pagano, al di là degli errori ch'egli commise e dei compromessi che accettò, c'è e resta e sola vale la tensione della sua azione, il tempo della sua vitalità, la capacità e la generosità del suo fare.  Quando voi torinesi avete trasformato la PAGANO in APAO, l'avete fatto perché sentivate che Pagano - indipendentemente dalle sue intuizioni sull'architettura organica e dalla risonanza che aveva dato in "Casabella" al pensiero di Persico su Wright - indipendentemente da ogni valutazione teorica, sarebbe stato con noi, perché tutta la sua vita, con i suoi errori e col suo eroico splendore, fu qualificata da questa generosità nell'agire, da un temperamento che preferiva magari una parzialità atta a scoprire nuovi orizzonti piuttosto che una verità generica e infeconda.


Contro l'agnosticismo.

E con ciò, credo di aver risposto alla principale critica che ci vien mossa da parte degli "obbiettivi o degli agnostici.  essi ci dicono che la architettura non ha bisogno di aggettivi, che l'arte rifiuta attributi, e che di conseguenza l'architettura organica non esiste.  Ebbene, amici, chiunque ci conosce sia pur di lontano dovrà ammettere che noi non siamo illetterati fino al punto di non sapere che all'arte non si danno aggettivi.  Ma questo non basta affatto a giustificare la posizione di sordo agnosticismo che vige nel campo avversario.  L'arte non ammette aggettivi, ma il mondo morale, pratico, intellettuale e, se volete comprendere anche i mezzi espressivi, la poetica sulla cui base nascono le creazioni degli artisti, richiedono caratterizzazioni e perciò ammettono aggettivi.  Se l'arte organica non esiste, e nessuno di noi ha mai sostenuto che esista, c'è però, pienamente legittimo dal punto di vista filosofico e critico, un indirizzo dell'architettura organica, ed è quello che noi affermiamo.
L'APAO ha il grande merito di aver spezzato l'agnosticismo architettonico in Italia, quell'agnosticismo vuoto di fedi e di passioni per cui l'arte è arte sia che si faccia oggi con le colonne e con gli archi oppure coi mezzi moderni; quell'agnosticismo che concepisce l'arte al di fuori della storia e della vita.  I nostri avversari sono architetti senza aggettivi, senza nemmeno il vago aggettivo di moderni, perché sono uomini ormai senza coraggio in architettura e in critica; si limitano a mormorare, a ridacchiare senza gioia, non hanno mai scritto un rigo per criticare quello che noi avevamo detto e fatto, sfuggono ad ogni serio dibattito, non hanno idee da difendere ma solo posizioni da conservare.  In verità essi costituiscono, nel campo dell'architettura, la traduzione di ciò che il trasformismo è in politica: una serie di clientele tenute insieme da interessi più o meno evidenti, culturalmente inesistenti o dannosi, di carattere effimero.  Bargellini, l'unico che abbia scritto qualcosa contro l'architettura organica, si è limitato a criticare la teorica di Wright (e davvero non ci vuol molto a trovare contraddizioni nella pseudo-filosofia di un genio!); ma onestamente, quando si è riferito alla nostra impostazione dell'architettura organica, ha dichiarato che era seria ed acuta. 
Noi siamo pronti a discutere e a rivedere ogni nostro punto con chiunque desideri farlo.  Ma combattere il muro cieco e dispersivo degli agnostici è tempo perso, e non possiamo far altro che lasciarli alle loro mormorazioni.


Diffusione della tendenza organica.

Vengo alla seconda critica, assai più valida , che suona esattamente antitetica alla prima; ci vien mossa internamente, da membri dell'associazione e da simpatizzanti. Non ci accusa di voler essere troppo precisi conla specificazione di organico apposta all'architettura, ma solleva l'obbiezione contraria: che cos'è questa architettura organica? Ci avete spiegato vagamente il suo indirizzo morale, ma dov'è architettonicamente? In altre parole, come si fa a farla?
E' una critica su cui richiamo la vostra attenzione. Ciò che noi abbiamo detto e diciamo sull'architettura organica non basta alla maggioranza di coloro cui ci rivolgiamo: dobbiamo essere assai più specifici.
Ricordo un aneddoto. Un giorno, qualcuno che aveva trovato la lettura della Bibbia eccessivamente noiosa, domandò ad un filosofo ebreo di definirgli il significato delle Sacre Scritture in non più di dieci parole.  Il filosofo rispose: " Ama il prossimo tuo come te stesso; tutto il resto è commento, va e studia ".  Anch'io quando, correndo ad un appuntamento, sono fermato da qualche collega che mi domanda, non senza una certa ironia, di dirgli su due piedi che cos'è l'architettura organica, rispondo: " L'architettura organica è l'architettura funzionale che è funzionale rispetto non solo alla tecnica e allo scopo dell'edificio, ma anche alla psicologia degli abitanti. Tutto il resto è commento, va e studia ".  Ma voi comprendete benissimo che se questa è una risposta-boutade meritata da uno scocciatore mezzo-intellettuale che vuol far finta di essere furbo, essa è del tutto inefficace per ciò che riguarda la massa di onesti professionisti, geometri, ingegneri civili, che si interessano ai nostri problemi e da cui non possiamo pretendere un approfondimento culturale.
L'esigenza di una popolarizzazione dell'architettura organica è così evidente che io avrei voluto intitolare questo discorso " il manierismo dell'architettura organica " e dedicare tutto il tempo a questo tema.  Manierismo dell'architettura organica?  Sembra assurdo: il manierismo dell'anti-manierismo.  E, sotto un certo aspetto, è un paradosso.  Ma considerate questo problema: vicino ai pochissimi poeti, in ogni epoca sorgono larghe schiere di manieristi che creano l'ambiente artistico, quell'insieme di simpatie e di consensi che facilitano il prevalere del genio.  Anche oggi, un'infinità di costruttori, di geometri, di ingegneri civili, anche di architetti minori, ha bisogno di un metodo, ha bisogno anche di copiare.  Copiavano il classico, oggi copiano lo pseudo-moderno di Piacentini o gli arredamenti di ponti.  E' così, e, allo stato attuale della nostra educazione, è fatale che sia così.  Ora, se l'architettura organica costituisce un vero e proprio movimento culturale, noi dobbiamo ammettere che essa non si identifichi con l'architettura bella, ma sia solo un atteggiamento, un metodo di fare l'architettura, una poetica che nel genio darà luogo a capolavori, nei minori ad opere soltanto dignitose e decenti.  Nessun cubista pretenderà che la pittura cubista sia quella bella, e la pittura non-cubista sia negativa.  Sosterrà che il cubismo è un vocabolario figurativo o, al massimo, una poetica: ci sono opere d'arte cubiste come quadri cubisti mancanti o, per usare la distinzione esposta questa mattina dal prof. Pane, poesie cubiste e letteratura cubista.  Anche noi, se intendiamo diffondere, popolarizzare le nostre idee, dobbiamo anzitutto affermare che l'architettura organica è una caratterizzazione artistica e, come tale, può dar luogo a poesia e a prosa, ad opere eccellenti e ad opere artisticamente nulle.  Cioè può dar luogo ad un manierismo.
So benissimo che tutti arricciano il naso alla sola parola di manierismo, che è generalmente segno della decadenza di un movimento vitale.  Ma nella presente situazione italiana il manierismo c'è, ed è quello piacentiniano e pontiano.  Non riteniamo noi che un'opera di architettura organica, anche se non è opera d'arte, sia per lo meno più attuale, più moderna, più utile socialmente di una brutta casa pseudo-funzionalista o pseudo-piacentiniana cioè pseudo-pseudo-moderna?  E allora dobbiamo avere il coraggio di formare noi il manierismo, di proporci, per esempio, collettivamente una pubblicazione che spieghi anche al più insensibile geometra come si fa a progettare una casa organica.  Dobbiamo noi controllare, guidare, in certo modo anche provocare il manierismo organico pur sapendo che da esso non potranno venir fuori altro che opere di... maniera.  Diciamolo francamente: siete opposti al manierismo per qualche ragione autentica, o perché vi sembra difficile stabilire concretamente che cos'è questa benedetta architettura organica?  In questo secondo caso, dato che si tratta di un'esigenza pratica per tutti gli artisti minori, tutti i prosatori dell'architettura, il manierismo è un compito che dobbiamo affrontare.
Il funzionalismo non aveva bisogno di porsi questo problema perché il suo dizionario figurativo a-decorativo e volumetrico e il suo atteggiamento compositivo erano rigidi anche in Le Corbusier.  Per fare il paragone più noto, confrontiamo la Villa Savoie e Falling Water.  ditemi voi: è o non è poetica rigida, dovendo costruire una villa in aperta campagna, cominciare da una pianta che sia un quadrato perfetto?  E' o non è poetica disegnare quattro facciate identiche, anche se su una di esse si affacciano i soggiorni, sull'altra le camere da letto, sulla terza addirittura una terrazza?  E' o non è poetica di mera volumetria sospendere tutto l'edificio su pilotis?  Ebbene, se questa è poetica e noi non la seguiamo, e se preferiamo il metodo di Wright e quello di Aalto, abbiamo il dovere di specificare che cos'è questo metodo.  Noi non possiamo rispondere con aria di superiorità e con un'alzata di spalle a coloro che ci domandano: insomma ce lo volete dire, si o no, che cos'è quest'architettura organica, e come si fa a farla?
Non è qui nemmeno il caso di accennare al mio pensiero in proposito a che cosa io credo sia il carattere specifico dell'architettura organica.  Ho illustrato il mio punto di vista in un saggio di prossima pubblicazione, in cui cerco di dimostrare che l'originalità dell'architettura organica consiste principalmente nel suo metodo di concepire in termini di spazio.  Il segreto della poetica di Wright e di Aalto sta principalmente nel loro pensare a i vuoti architettonici, allo spazio interno; solo in un secondo tempo, e in funzione dello spazio interno, essi si interessano della volumetria e della decorazione.  Il punto fondamentale dell'architettura organica è, secondo me, questa dichiarazione di indipendenza non solo dai fatti decorativi, ma anche dalla composizione volumetrica, geometrico-purista e stereometrico-neoplastica, l'accento sul vuoto, sullo spazio della casa e della città dove l'uomo vive e dove il tema sociale si esprime.  A me pare che l'istanza sociale, che è il motore di tutta la nostra azione, trovi un punto di riferimento concreto in architettura proprio in questa concezione spaziale, nel portare cioè l'attenzione sul contenuto spaziale, per così dire, anziché sul contenente edilizio, e nel creare l'edificio in nome del contenuto umano.  Ma su questo, che doveva essere il tema di tutto il mio dire, non voglio dilungarmi.


Frank Lloyd Wright e l'APAO

Una terza critica al nostro movimento è di carattere così volgare che la trascurerei se non desse motivo di fare alcune utili precisazioni storiche.
" L'architettura organica - essa dice - è uno stile di importazione americana, e consiste nel seguire Wright ".
Se fosse vero che l'architettura organica fosse stata portata in Europa da qualche americano, o sia pure dall'esercito americano, noi non troveremmo da sollevare nessuna obbiezione.  Alla metà del XV secolo, caduta Costantinopoli, architetti greci emigrarono in massa nel nord, e in tutto il continente europeo e in Inghilterra rafforzarono il moto della Rinascenza.  Nel 1933, Hitler costrinse all'emigrazione gli architetti della Bauhaus, e Gropius e Breuer in Inghilterra collaborarono grandemente alla diffusione della architettura funzionalista.  Se la critica fosse esatta, se gli americani, venendo in Italia, avessero chiarito e facilitato il prevalere di una corrente che evidentemente esisteva già per lo meno nelle intenzioni (altrimenti non avrebbe potuto svilupparsi così velocemente) noi non ci vedremmo nulla di male.
Ma la verità è un'altra: il moto di liberazione degli schemi funzionalisti, il processo di umanizzazione dell'architettura era sorto in Europa assai prima della guerra, si è affermato nel 1933 in Svezia, in Finlandia, in Inghilterra e, come istanza culturale, anche in Italia benché qui la progressiva involuzione politica abbia frenato la naturale maturazione del funzionalismo nella tendenza organica, irrigidendo le posizioni funzionaliste costrette alla più dura ed eroica difesa.
La ragione dell'equivoco che ci definisce seguaci di Wright, quando di equivoco si tratta e non di malafede, deriva, io credo, da una insufficiente comprensione della genesi dell'architettura organica.  Se, per esempio, rileggete il mio libro " Verso un'architettura organica ", vi trovate qualcosa di sconcertante.  Vi si afferma che l'architettura organica sorge con Wright nel primo decennio del nostro secolo;  poi si sviluppa, come compiuto movimento internazionale, il funzionalismo europeo alla fine dell'altra guerra;  poi, intorno al 1933, nasce da questo funzionalismo, come discorso intorno di esso ma con precisi caratteri distintivi, un movimento organico europeo che, in certo modo, si riconnette a Wright.  Tutto questo è esatta constatazione di fenomeni storici, ma lascia un po' dubbiosi: come mai l'architettura organica europea, che è figlia del funzionalismo, si imparenta così intimamente con l'architettura organica americana che è precedente al funzionalismo?  Evidentemente c'è qualcosa di confuso, che può essere chiarito solo con una più acuta indagine nella storia dell'architettura moderna.
Il funzionalismo non nasce con Le Corbusier in Europa nel 1920, ma in America nel periodo 1880-90, in quella Scuola di Chicago che aveva annunciato quasi tutto ciò che è stato formulato in Europa quarant'anni dopo e che aveva prodotto il genio di Sullivan.  L'architettura organica di Wright non nasce dal nulla, ma è il preciso sviluppo dell'architettura funzionalista di Sullivan.  Se volete una proporzione semplificatrice,  Wright : Sullivan = Aalto : Le Corbusier.  Ricorderete l'aspirazione di Sullivan: " io cerco in architettura una regola che non ammetta eccezioni ", e la risposta di wright: " Ogni uomo ha una regola, per ogni uomo una casa, per ogni casa uno stile ".  E' lo stesso rapporto mentale, se volete, la stessa antitesi che qualifica la nostra posizione rispetto a Le Corbusier.  Non esiste più perciò questa strana sequenza storica: architettura organica americana - architettura funzionalista europea - architettura organica europea , cioè maturazione - funzionalismo - maturazione.  esiste un'architettura funzionalista americana da cui discende l'architettura organica di Wright , e un'architettura funzionalista europea da cui deriva il nostro movimento.
questo chiarimento storico implica  un giudizio sull'assurda leggenda che noi saremmo i discepoli o i seguaci di Wright.  Lo stesso rapporto che è esistito tra la Scuola di Chicago e il funzionalismo europeo, esiste oggi tra l'architettura organica di Wright e la nostra.  Se voi considerate la diffusione e la vitalità del funzionalismo di Le Corbusier a confronto del Messaggio di Sullivan, potrete avere la misura degli orizzonti che ha davanti a sé l'architettura organica europea, orizzonti che trascendono l'apporto culturale di Wright.
Dopo tre anni di APAO, possiamo affermare che l'architettura organica italiana, anziché essere merce di importazione, ha già prodotto qualcosa che può essere utilmente esportata.  Pensate soltanto al saggio su Wright che ha scritto Argan e che è stato pubblicato su "Metron" : esso presuppone tutta la cultura storico-critica italiana, e perciò va più avanti di qualsiasi saggio composto in America.  Il funzionalismo nacque in America, ma si sviluppò e si chiarì in Europa con tale forza ed energia che poi fu riesportato in America con Neutra e Lescaze.  lo stesso avviene già per l'architettura organica con Aalto, e noi qui in Italia, dove vive una coscienza filosofica e critica assai più matura, abbiamo la possibilità di dare un nostro contributo di validità internazionale alla cultura dell'architettura organica.


Il romanticismo e l'architettura organica.

Passo all'ultima obbiezione, secondo la quale il movimento dell'architettura organica sarebbe di natura romantica.  C'è perfino che, su "Stile", ha affermato l'ineluttabilità dell'avvento dell'architettura organica, quasi la necessità storica della realizzazione delle nostre tesi: hanno fatto di noi, cari amici, tante... donne fatali.  Il ragionamento, se così vogliamo chiamarlo, di "Stile" è il seguente: in tutta la storia dell'architettura, assistiamo all'alternarsi inesorabile di movimenti classicisti e di reazioni romantiche.  La Grecia di Pericle è classica, ma l'ellenismo è romantico; la Roma imperiale è classica, ma la decadenza, il barocco romano, è romantico; è classica la cristianità (protocristiano, bizantino e romanico: tutto un fascio!), ma è romantico il gotico; è classico il Rinascimento, ma è seguito dalla reazione romantica del barocco; a questo succede il neoclassicismo e poi, di nuovo, il romanticismo dei Revivals; contro l'eclettismo romantico dell'800 insorge il classicismo funzionalista; perciò, si conclude, indipendentemente dalle volontà individuali, al funzionalismo classicista deve per forza seguire il movimento romantico dell'architettura organica.
Se noi tenessimo alla propaganda più che alla serietà culturale, potremmo dire, come si usa a Roma, " tutto fa brodo! ", e accettare anche questa pretesa fatalità del nostro essere organici.  Ma l'attributo di romantico è così equivoco che val meglio rifiutarlo del tutto.
Che cosa vuol dire romantico?  Se porre sulle esigenze pianificatrici del mondo moderno l'istanza della libertà e della personalità umana vuol dire essere romantici, ebbene lo siamo. Se romanticismo significa dichiarazione di indipendenza dal meccanicismo funzionalista, dal suo materialismo tecnico, dagli schemi figurativi del cubismo, dagli incubi costruttivisti, allora siamo romantici.  Se vuol dire smetterla con le regolette della sezione aurea, e con i giochetti volumetrici neoplastici divertentissimi in un bozzetto quanto poveri di fantasia negli edifici costruiti, se vuol dire differenziare, intendere che il problema dell'architettura è assai più complesso di quanto pensi questa nuova accademia formalista o dogmatica, e prendere senza timore la strada di questa problematica differenziata, dichiariamoci pure romantici.  Ma se col termine romanticismo si vuol definire una mera ribellione alla regola, una rivolta contro i presupposti scientifici della civiltà moderna, un divagare anziché una maturazione, allora no, noi rifiutiamo decisamente l'attributo.
La base pratica, i presupposti culturali, la poetica dell'architettura organica non sono di natura romantica.  Per ciò che riguarda la scienza, non siamo meno scientifici dei funzionalisti, anzi lo siamo di più in quanto accettiamo tutto un nuovo ramo della scienza moderna, cioè la psicologia.  e non si tratta di incontrollate reazioni romantiche, ma del fatto che la scienza moderna ha allargato il suo raggio di azione, proietta la sua luce e concentra le sue ricerche non solo sulla razionalità dell'uomo, sulla parte "alta", come si diceva, ma anche sul mondo dell'inconscio, sulla parte irrazionale.  La scienza si umanizza e si integra: anima e corpo, intelletto e vita fattuale e religiosità o aspirazione spirituale trovano un nuovo punto di intesa nella scienza moderna.  In nome di questa apertura, la scienza ha perso ormai da decenni quel carattere di dimostrazione logica e matematica, quella rigidità inesorabile e immutabile che costituiva il suo carattere precedente.  Le equazioni della vita, e perciò le equazioni dell'architettura, si fanno più complesse, piene di variabili e ricche di incognite: per risolverle non basta più la macchina calcolatrice, ma è necessaria un'intuizione umana.  In questo senso è vero, come dice Wright, che arte scienza e religione convergono in questo estremo tentativo di reintegrazione.  Ecco, amici, perché noi non possiamo accettare l'epiteto di romantici nell'accezione popolare della parola.  La nostra istanza è di carattere scientifico.
Del resto, anche se qualcuno di voi non considera il sorgere della psicologia moderna come un fatto determinante di riorientamento del pensiero architettonico, quanto si è detto sullo sviluppo del metodo scientifico resta valido.  nel campo stesso della meccanica e della tecnica edilizia, l'atteggiamento odierno è assai diverso da quello di venti anni fa.  Ricordo al proposito una lunga conversazione che ebbi con Aalto.  Egli mi disse che in Finlandia si producevano in massa case prefabbricate, ma che lui, come capo della ricostruzione, cercava di venderle alla Russia, alla Svezia, ai paesi dell'Europa centrale, limitandone l'uso in Finlandia.  Perché? Non certo per romanticismo o per un atteggiamento anti-tecnico, ma proprio per un approfondimento del pensiero scientifico.  La prefabbricazione, secondo Aalto, non è ancora giunta a quel punto di produzione differenziata ed elastica che solo permetterà il suo ingresso nell'edilizia domestica senza danneggiare l'umanità della casa e del volto cittadino.  In altre parole, Aalto non si ferma ad ammirare estasiato la produzione tecnica, ma pone di fronte ad esse nuove esigenze scientifiche.  Venti anni fa, al risveglio dai lunghi sonni ottocenteschi, i primi funzionalisti potevano a diritto esaltare la "bellezza" della macchina.  Oggi il tabù tecnicista è sfatato. Raggiunta un'armonia tra architettura e industria edilizia, gli architetti non sono più i servi passivi dell'industria, ma la spronano verso nuove conquiste. La casa non è più funzionale in quanto aderisce alla tecnica, ma la tecnica è funzionale in quanto si conforma alle esigenze sociali e umane.
Per tutti gli altri caratteri dell'architettura organica, si può dimostrare la stessa cosa.  Se nella sua poetica troviamo un ritorno della decorazione, un nuovo senso del colore, un nuovo gusto di materiali diversi giustapposti, la liberazione dal tecnigrafo e dalla riga a T, un nuovo mondo figurativo di linee forza, una più feconda volumetria, e innanzi tutto una decisiva coscienza spaziale, ciò non dipende da una romantica e decadente stanchezza verso il nudismo e la sterilizzazione del funzionalismo, ma da una nuova ricerca che si basa su un approfondimento scientifico.


Per un rinnovamento storico-critico.

Queste, amici congressisti, le principali critiche rivolte contro l'architettura organica.  La prima parte, sporta dagli agnostici, non ci deve toccare.  La seconda, che si precisa nel desiderio di conoscere meglio la poetica dell'architettura organica, è un problema aperto cui, in un modo o nell'altro, dovremo rispondere.  La terza, che ci accusa di seguire supinamente Wright, va rimossa attraverso un chiarimento storico.  La quarta, che ci qualifica romantici, vede l'architettura organica nel suo aspetto esteriore e perciò non comprende nulla del processo che provoca il rinnovamento dell'involucro edile.  Le altre critiche, di minore importanza, le discuteremo volta per volta, man mano che saranno formulate.
Il programma del nostro congresso è così denso di temi di immediata portata pratica - piani regionali, legislazione, concorsi, analisi degli istinti culturali, precisazione della nostra azione futura - che questa conversazione sugli aspetti culturali dell'architettura organica vi viene "servita" al di fuori delle sedute vere e proprie del congresso, come un... vermouth prima di cena.  Ma ricordiamoci che, se le questioni pratiche debbono avere la precedenza, esiste un problema culturale che è la molla di ogni azione, e principalmente che il compito di chiarire, approfondire i problemi dell'architettura organica sta interamente sulle nostre spalle.  Noi siamo soli anche nel lavoro culturale.
I pittori e gli scultori, i musicisti, i letterati e i poeti della nostra epoca trovano dei validi alleati nella costruzione di una loro cultura, di un loro ambiente, di un'atmosfera di simpatie intorno alla loro opera.  gli alleati sono i critici d'arte, uomini che vivono a contatto giornaliero con le creazioni contemporanee, che preparano per esse piattaforme propagandistiche, che si immedesimano nel lavoro moderno fino al punto di giudicare tutta la tradizione artistica alla luce dell'impostazione contemporanea.  Nel campo dell'architettura, ciò non avviene.
Possiamo essere crociani o anti-crociani, ma tutti saremo d'accordo su due fatti ormai acquisiti dalla nostra cultura grazie alla scuola crociana: 1) l'identità tra storia e critica, e 2) l'identità o il parallelismo tra storia dell'arte e storia della critica d'arte.  in ogni tempo fecondo di pensiero, i critici hanno maturato la loro sensibilità a contatto con gli artisti contemporanei, sono stati attenti a trovare gli elementi di novità e li hanno favoriti, han giudicato il passato secondo le prospettive del presente.  Il Vasari, indipendentemente dall'equivoco del progresso dell'arte, giudicava Giotto col metro di Michelangelo, e perché?  Perché non era un archeologo nel senso peggiorativo della parola, ma uno storico e un critico d'arte, un vivo collaboratore di artisti, un uomo che partecipava alle ricerche e alle conquiste del suo tempo.  Così è sempre stato, dalla prima critica d'arte greca fino al Winkelmann.  Fu il Winkelmann a spezzare la tradizione fattiva, attuale, vitale della critica e della storia dell'arte, e a centrare il suo angolo visuale non sull'arte del suo tempo, ma sulla produzione ellenica.  Da allora la cesura tra critica o storia dell'architettura e vita vissuta nell'architettura si pose, e largamente permane tuttora.  La nostra azione di architetti moderni, anziché trovare un'alleata nella critica, vi trova in vasta misura un nemico.
Quanti sono i critici e gli studiosi che, come Louis Munford, giudicano la storia dell'architettura con una mentalità viva, attuale?  Pochissimi in tutto il mondo.  Qui in Italia impera l'archeologia, il conformismo, il filologismo, la ripetizione inerte di giudizi formati e autorevoli: manca una critica vivente, spregiudicata, una critica moderna che accompagni l'architettura moderna e storicizzi l'architettura del passato.  Alcuni critici italiani autentici sono presenti al nostro congresso, perché sono stati richiamati qui dalla cultura moderna che agitiamo, dai problemi dell'architettura d'oggi, senza la conoscenza dei quali non è data la possibilità di una critica viva e utile.  E' presente il prof. Pane, che ha parlato questa mattina; è presente il prof. Argan, di cui ho già ricordato lo studio su Wright e il cui interesse per l'urbanistica è anche rilevante; verrà domani il prof. Ragghianti, anch'esso un vero, fattivo nostro alleato.  Ma, come vedete, sono pochi, pochissimi; di fronte a loro c'è quasi tutta la cultura ufficiale di storia dell'architettura quale è insegnata nelle nostre facoltà, la mentalità positivistica, l'atteggiamento conoscitivo che ha isterilito la critica fino al punto da far dubitare che molti storici dell'architettura abbiano ancora una vibrante sensibilità per l'arte.
L'architettura moderna ha spezzato il conformismo nel campo creativo venticinque anni fa; oggi , dobbiamo spezzare il conformismo nel campo critico e storico.  Se non portiamo la nostra passione moderna nel campo della cultura, se permettiamo che persistano due diversi metri di giudizio per l'architettura moderna e per quella del passato, è evidente che noi resteremo sul piano caduco del manifesto rivoluzionario, non potremo maturare il movimento di avanguardia di venti anni fa in una seria cultura architettonica.
L'architettura organica non è storicamente, e non lo è nelle nostre intenzioni, un ismo di avanguardia.  Non abbiamo nulla da rivelare; dobbiamo svolgere una cultura, riorientare tutto il pensiero architettonico, ridonargli un senso profondo, una funzione sociale, suscitare intorno ad esso un vasto consenso, creare una educazione popolare sull'architettura.
Nel conflitto del mondo moderno, stretti tra la coterie intellettualoide del funzionalismo, e l'incidente di un positivismo che vuol rovesciare tutto ciò che non ha un immediato senso comune, noi architetti organici tentiamo di fondere i valori della nostra tradizione spirituale con le moderne istanze sociali, di rompere la dicotomia tra cultura e vita che da un secolo separa gli artisti dal popolo, di proporre una terza via sociale, libera, umana.  Ci riusciremo?  E' inutile far profezie.  Questa è la nostra strada, la nostra battaglia per una cultura integrata, per un'architettura integrata, e perciò per una vita migliore.  Per dirla con Vittorini, una cultura che serva alla vita. e non solo a consolare.
Se avremo tempo, ci riusciremo sicuramente. Se no, amici dell'APAO, avremo almeno la coscienza di aver fatto con disinteresse il nostro dovere.  E se le bombe atomiche dovessero interrompere il nostro lavoro, ognuno di noi avrà la libertà, come ha detto Quaroni questa mattina, di decidere se ritirarsi a vita privata e scrivere un nuovo Discorso sul Metodo, oppure, seguendo l'esempio di Pagano, abbandonare il tavolo da disegno e la penna, e andare a fare la rivoluzione.
Bruno Zevi



       


FONTE : dalla rivista Metron , N°23/24, Ed. Sandron, Roma, 1948 .     



















"DICHIARAZIONE DI PRINCIPII" dell'Associazione per l'Architettura Organica APAO Roma, 15 luglio 1945



"DICHIARAZIONE DI PRINCIPII"
dell'Associazione per l'Architettura Organica
APAO
Roma, 15 luglio 1945 
    
L'Associazione per l'Architettura Organica (A.P.A.O)  fu fondata a Palazzo del Drago, in via Quattro Fontane, n°20, il 15 luglio 1945. Organizzò per un biennio la Scuola di Architettura Organica, corsi serali di aggiornamento professionale, e due Congressi svoltisi a Roma nel dicembre 1947 e a Palermo nel gennaio 1949.  Le ultime riunioni dell'APAO ebbero luogo nel 1950.
Il testo della "Dichiarazione di Principii" apparsa nella rivista 'Metron', n°2, 1945 , risente del momento storico e politico, ma conserva tutta la sua forza profetica e la sua integrità teorica organica.

1. La genesi dell'architettura contemporanea si trova essenzialmente nel funzionalismo. Qualunque sia oggi l'evoluzione dell'architettura funzionale nell'architettura organica, siamo convinti che nel funzionalismo è la radice dell'architettura moderna, e non nelle correnti di stilizzazione neoclassica, non nel provincialismo degli stili minori.

2. L'architettura organica è un'attività sociale, tecnica e artistica allo stesso tempo, diretta a creare l'ambiente per una nuova civiltà democratica.  Architettura organica significa architettura per l'uomo, modellata secondo la scala umana, secondo le necessità spirituali, psicologiche e materiali dell'uomo associato.  L'archtettura organica è perciò l'antitesi dell'architettura monumentale asservita ai miti statali. Si oppone all'asse maggiore e all'asse minore del neoclassicismo contemporaneo, al neoclassicismo degli archi e delle colonne, e a quello falso che si nasconde dietro le forme pseudo-moderne dell'architettura monumentale odierna.

3. Crediamo nella pianificazione urbanistica e nella libertà architettonica.  Malgrado il preciso indirizzo architettonico che ognuno di noi intende seguire, rifiuteremo sempre di usare mezzi antidemocratici affinché esso prevalga.  Crediamo infatti nel diritto alla libertà architettonica, nei limiti di una pianificazione urbanistica.


Inseparabile dalla fede architettonica è la fede in alcuni principi generali di ordine politico e sociale.  I seguenti principi costituiscono per noi le premesse ideali dell'architettura organica:

1. La libertà politica e la giustizia sociale sono elementi inscindibili per la costruzione di una società democratica. Tutti i fascismi, insieme a tutte le istituzioni che li hanno favoriti e che potrebbero farli rinascere, sono perciò da condannare.

2. E' necessaria una costituzione che garantisca ai cittadini la libertà di parola, stampa, associazione, culto; l'eguaglianza giuridica di razza, religione e sesso; il pieno esercizio della sovranità politica attraverso istituti fondati sul suffragio universale.  Per nessuna ragione è giustificata l'oppressione delle libertà democratiche.

3. Accanto alle libertà democratico-individuali, la costituzione deve garantire al complesso dei cittadini le libertà sociali.  Crediamo perciò nella socializzazione di quei complessi industriali, bancari ed agrari, i cui monopoli sono contrari agli interessi della collettività. Crediamo nella liberazione delle forze del lavoro e nella fine dello sfruttamento del lavoro per fini egoistici.  Dobbiamo tendere ad una cooperazione internazionale dei popoli opponendoci a tutte quelle forme di miti e di risentimenti nazionalistici e autarchici che sono state cause e caratteristiche del fascismo.  Chiedere libertà e giustizia per la propria patria è giustificato nella misura in cui questa libertà e questa giustizia si identificano con la libertà e la giustizia per tutte le patrie.



       


FONTE : dalla rivista Metron , N°2, Ed. Sandron, Roma, 1945 .
Vedi anche : Zevi su Zevi, architettura come profezia , di Bruno Zevi , Marsilio, Venezia, 1993.  

















UMANESIMO, CLIMA E SOSTENIBILITA' ORGANICA, di Lucien Kroll



Lucien Kroll

UMANESIMO, CLIMA E SOSTENIBILITA' ORGANICA

 



05-09-2009
Buon giorno!
After a travel to  Budapest, invited by Imre Makowecz, to visit some of his architectures,
a congress was organised about his work with some of national and international organic architects.
I send you the conclusions of my talk : they are short (and tragic...)...
Good luck
Lucien Kroll


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My position

The GIEC says that the point of no return of the climate will be reached within 7 years… It means climate disorder and worst, social uncontrollable violent reactions. Until now, in spite of incalculable good will of good people, we cannot act on a sufficient and coherent scale.
The cities and their transports are guilty for three quarters of that disaster: the most urgent objective is to stop that urban situation and repair it. But… we don’t really know how, so we don’t begin efficiently.
Nevertheless, peacefully, we chat a lot about climate but the press, all of a sudden, will frighten us and we will be in panic and force the authorities to act immediately: they will than act without organised and calm reflexion and, worse, certainly entrust the power to technology and finances (both already responsible of the mess we are now agitating ourselves…): they will militarize still more our landscapes instead of convince us to change our behaviours... I continue to believe that humanism has to rule and call technology just as a servant role and never let it free to artificialise our behaviour.
It implies that we have to abandon the “rational” decision making to adopt the “incremental” one, based on a complete respect of humanity and of its planet. This says: “To learn walking, just walk…” So, let’s prepare urgently “sustainable quarters” as many and as soon as possible: within a short time, we will first learn “how not to do” and fast we will improve and enhance our action.
And to guarantee the humanism of our built landscape, there is but one issue: abandoning that “late modernism” and practice organics.
So we will need hundred Makowecz…
LK


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Ma position.

Le GIEC situe le point de non retour des menaces climatiques à 7 ans : le climat ne sera plus prévisible, mais surtout les violences des conséquences sociales des désordres seront imparables. Jusqu’à aujourd’hui, en dépit de l’inestimable bonne volonté de bien des gens, nous ‘arrivons pas à atteindre une échelle et une cohérence suffisantes.
Les villes et leurs transports sont coupables des trois-quarts des désastres : à l’évidence, l’objectif le plus urgent est d’arrêter cette situation et de la réparer. Mais… on ne sait pas réellement de quelle façon s’y prendre donc on ne commence rien… Pourtant, nous en bavardons beaucoup et paisiblement mais subitement, la presse va nous effarer et, en panique, nous allons exiger des autorités qu’elles agissent sans aucun délai. Elles le feront alors sans réflexion organisée calmement au préalable et, pire, elles vont simplement confier le pouvoir à la technologie et aux finances, déjà responsables de la pagaille où nous nous agitons. Ils vont aussitôt militariser encore plus nos paysages au lieu de laisser les comportements se changer.
Je continue de croire que c’est à l’humanisme de tout gérer, de n’appeler la technologie que comme servante et de ne jamais la laisser libre d’artificialiser nos comportements. Ceci implique l’abandon de la prise de décision « rationnelle » et l’adoption de « l’incrémentale » basée sur le respect de l’humanité et de sa planète. « On apprend à marcher en marchant »… Ainsi, préparons d’urgence autant et aussi vite que possible des « quartiers soutenables » car au moins, nous apprendrons rapidement « comment il ne faut pas faire » puis nous nous améliorerons pas à pas et nous multiplierons nos actions.
Et pour garantir l’humanisme du paysage bâti, il n’y a qu’un moyen : bannir ce « modernisme  tardif » et pratiquer « l’organique ».
Et nous aurons besoin d’une centaine de Makowecz.
LK


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La mia posizione

Il GIEC dice che il punto di non ritorno climatico sarà raggiunto entro 7 anni : il clima non sarà più prevedibile, ma soprattutto le violenze delle conseguenze sociali dei disordini saranno irreparabili. Fino ad ora, nonostante la inestimabile buona volontà di buone persone, non si può agire su una scala e coerenza sufficiente.
Le città e il loro trasporto si è reso colpevole dei tre quarti delle catastrofi: ovviamente, l'obiettivo più urgente è quello di fermare questa situazione e risolverla. Ma ... noi non sappiamo veramente come fare in modo che possiamo iniziare qualcosa ... Ma abbiamo chiacchierato molto e in silenzio, ma improvvisamente, la stampa sta per spaventare noi e, in preda al panico, si richiede alle autorità di intervenire senza indugio. Lo faranno senza pensare con calma organizzati in anticipo e, peggio, semplicemente dare il potere della tecnologia e della finanza, già responsabili del disastro in cui ci si preoccupi. Essi saranno presto ulteriori militarizzare le nostre campagne, invece di permettere di cambiare il comportamento.
Io continuo a credere che l'umanesimo è quello di gestire il tutto, non per chiamare la tecnologia come un servo e mai lasciata libera di artificializzare il nostro comportamento. Ciò comporta l'abbandono del processo decisionale "razionale" e l'adozione del "incrementale", basata sul rispetto per l'umanità e il pianeta. "Si impara a camminare camminando" ... Quindi la preparazione più velocemente possibile "città sostenibili", perché almeno noi potremo rapidamente imparare "come non fare", allora potremo migliorare passo dopo passo e moltiplicheremo le nostre azioni.
E per garantire l'umanesimo del paesaggio costruito, c'è solo un modo : mettere fuori legge il "tardivo modernismo" e praticare l'organico.
E quindi avremo bisogno di centinaia di Makowecz ...
LK


       


FONTE : la redazione del Portale ADAO ringrazia l'architetto Lucien Kroll che ha inviato cortesemente questo testo conclusivo della sua Conferenza in Ungheria alla presenza di Makowecz.   


















IL MONDO NON E' ANCORA TUTTO FINITO, di Hugo Haring



Hugo Haring

IL MONDO NON E' ANCORA TUTTO FINITO

  


"Fra tutte le forme di suicidio, la più triste è l'imitazione".  Il pensiero tecnico autonomo non è riuscito a chiarire le cause più profonde dei continui mutamenti delle forze creatrici nel campo formale; pur avendoli notati e osservati, non li ha spiegati in base alle loro vere motivazioni.  Lo stimolo al cambiamento costante delle forme nell'architettura e nelle arti figurative, nella musica e nella poesia, secondo tale corrente di pensiero è dovuto a modificazioni esterne della tecnica e al progresso delle nostre scienze.  Per il pensiero tecnico, il processo della creazione formale soggiace alla medesima norma che governa lo sviluppo naturale, vale a dire alle leggi del darwinismo e delle trasformazioni ambientali.
La creazione formale è però guidata dal processo genetico, mediante il quale l'umanità è parte della creazione cosmica del mondo. E' questo processo che stimola la progressiva evoluzione creativa, che pone incessantemente nuovi temi, che incide sia sullo sviluppo del mondo tecnico, sia sui problemi inerenti alla creazione formale.
Ogni forma creata dall'uomo è immagine simbolica della natura. La creazione di nuove forme è una sorta di apprendistato a cui è sottoposto l'uomo per poter essere introdotto ai segreti della creazione naturale. La conoscenza delle leggi geometriche e aritmetiche segnò  una fase nuova di apprendistato. sino ad allora la creazione formale era un'estensione della creazione naturale continuata dall'uomo, che nel suo operare si fondava sulla pura intuizione: la geometria gli offrì invece un cosciente strumento creativo. L'insieme delle creazioni formali, iniziate a quel punto, assume l'aspetto di un grande manuale nel quale si intrecciano tendenze tecniche e spirituali. La geometria offre all'uomo uno strumento di lavoro col quale egli impara a dominare lo spazio: lo spazio e il tempo ai quali viene introdotto dal manuale.
Le principali figure geometriche, il triangolo, il quadrato, il rettangolo, il cerchio e i corrispondenti tridimensionali, con le loro qualità formali indicano all'uomo le leggi ordinatrici su cui fondare il dominio dello spazio.  non offrono, però, soltanto l'apparato tecnico per il dominio dello spazio e del tempo, la cui conoscenza ci è stata mediata dal pensiero storico, ma racchiudono anche valori espressivi di carattere spirituale che erigono nel pensiero umano una struttura spirituale, vale a dire il pensiero astratto. Le figure elementari della geometria posseggono forza simbolica, raccolgono configurazioni fondative di ordine cosmico, che rappresentano il primo stadio della costruzione del mondo terreno: il mondo dei cristalli.  La conoscenza della geometria condusse l'uomo al primo livello della creazione formale della natura. I risultati sono visibili nell'intera area mediterranea; teniamo inoltre presente che ancora oggi ci serviamo di leggi geometriche. 
Nel frattempo, però, il processo di sviluppo mirava al raggiungimento del successivo livello della creazione regolata da un ordine: il mondo organico, in cui la configurazione si definisce in rapporto ai principi della creazione organica. La natura organica è ricca di proprie idee configurative, crea organismi che servono al compimento di un processo vitale e non s'accontenta degli astratti ordini spaziali della geometria.  In quest'ambito nasce un nuovo concetto di creazione formale: ciò che vive è un fenomeno attivo e non uno stato, riceve e imprime movimento, non è rigido e morto. E' un qualcosa di legato ai segreti della vita creativa, segue le nascoste energie vitali del mondo spirituale. La creazione formale segue a questo punto l'insegnamento dei principi vitali sul piano spirituale; è così che iniziano ad operare le popolazioni germaniche del Nord, poiché una simile forma creativa è conforme alle loro qualità spirituali. Il suo spazio è intessuto di dimensioni spirituali e non di coordinate geometriche.
Esplode ora il dissidio con una geometria che esercita dispoticamente il suo potere su tutto ciò che si manifesta nello spazio e nel tempo. Il conflitto mira al superamento del pensiero tecnico e dei limiti che esso pone alla creazione simbolica di forme. La distruzione del mondo tecnico, del mondo di una totalità oggettiva non originata dallo spirito, ha inizio nel momento in cui le forze espressive, alla fine del periodo di apprendistato organico, irrompono nel campo creativo formale.  Il processo di atomizzazione ha inizio nelle plaghe nordiche, ma già durante il rinascimento si infrange l'antico dominio della geometria, mentre il barocco coinvolge le forme creative classiche nella struttura organica.  L'ellisse è ancora geometria, ma è già uovo. Il processo d'atomizzazione prosegue inarrestabile la sua marcia: la nostra epoca ignora ormai il totalitarismo formale, per ricevere, invece, la figura vitale, quella originata dallo spirito.
Un altro elemento d'origine nordica, che rivendica la propria urgenza formale, è l'autonomia della configurazione: questo è un tema dibattuto da secoli e a cui non è rimasta estranea neppure Roma.  Autonomia significa costruire una forma secondo le esigenze del proprio essere e non in base a norme formali preesistenti; dunque, configurare dall'interno e non dall'esterno. Anche questo contrasta le pretese di supremazia che la geometria esercita mediante coercizioni formali. L'azione volta a definire l'autonomia individuale, che fa parte del patrimonio trasmesso dalla struttura organica, ha liberato l'architettura dai vincoli geometrici.  Contro la supremazia della geometria si ribella la tendenza oramai generalizzata a dar forma in base all'individualità dell'oggetto da configurare.  A quest'ultimo si attribuisce ora una propria entità personale, elevandolo dallo stadio inanimato a quello animato.
La ribellione è ancora in corso. Nel nostro campo di lavoro fu guidata ai primi del secolo dal Werkbund tedesco, sostituito poi dal movimento del Neue Bauen , impegnato ad imporre le esigenze formali della struttura organica. 
Il mondo della tecnica è un mondo oggettivo, governato dalla geometria, che domina sulla massa e opera massificando.  Il mondo dello spirito, invece, conferisce alle cose entità e individualità.  Siamo al principio di un nuovo cammino, irto di problemi, ma a cui la creazione formale non può assolutamente sottrarsi.
Il processo in atto è di natura genetica.  Il nostro operare obbedisce alle sue imposizioni: l'obiettivo è la nostra posizione all'interno dello sforzo per sviluppare le forze creative dell'uomo.  Noi non abbiamo scelto questo impegno, lo abbiamo dovuto semplicemente affrontare, dal momento che le nostre energie creative erano alla ricerca di un tema.  Il mondo, ed anche l'uomo che ne è parte, non è ancora del tutto finito.


       


FONTE : dal libro  Hugo Haring, Il segreto della forma, a cura di Sergio Polano, Jaca Book, Milano, 1984 - articolo di Hugo Haring che risale al 1947. 


















INDIVIDUALISMO E COLLETTIVISMO, di Alvar Aalto



Alvar Aalto



INDIVIDUALISMO E COLLETTIVISMO

 

Brano tratto da una Conferenza tenuta a Vienna, presso l'Associazione degli architetti viennesi nel 1955.


La soluzione di problemi architettonici è un necessario processo di umanizzazione , la questione della forma e della monumentalità resta attuale per gli architetti. Tutti i tentativi per cancellarle sono destinati al fallimento come è destinata al fallimento l'idea di cancellare il concetto di "paradiso" dalla religione.
Anch'io credo che la salvezza del "piccolo uomo" sia quasi impossibile; qualunque cosa si tenti di fare, resta pur sempre compito primario dell'architetto rendere un po' più umana questa nostra età della macchina; e ciò non deve essere fatto a scapito della forma.
La forma è un mistero che sfugge a ogni definizione, ma procura all'uomo una sensazione di piacere diversa dal semplice aiuto di natura sociale. Concludo quindi con qualche considerazione su tale argomento.
Il mattone è un elemento importante dal punto di vista formale.  Qualche anno fa ero a Milwaukee, dal mio vecchio amico Frank Lloyd Wright.  Fece una conferenza cominciando: " Egregi Signore e Signori, sapete cos'è un mattone?  E' un piccolo e modesto oggetto, che costa forse 11 cent, ma che ha una caratteristica tutta particolare: datemi un mattone e ne trasformerò il valore in quello di un lingotto d'oro dello stesso peso ".   E' stata credo l'unica volta che ho sentito definire l'architettura in pubblico in modo tanto chiaro e incisivo: si potrebbe cioè definire la possibilità di trasformare una pietra priva di valore in un lingotto d'oro.  In Finlandia tale processo di trasformazione incontra non poche difficoltà.
Ho voluto costruire una casa sperimentale per studiare tale processo.  Ho fatto muri sperimentali con differenti tipi di mattoni e, durante la mia permanenza in questa casa, ho imparato a conversare con queste pietre, scoprendone le caratteristiche e vivendo a contatto con un ambiente intatto.  Ho studiato l'effetto della vegetazione sul materiale: è incredibile per un architetto vedere d'improvviso come miriadi di licheni gialli si arrampichino sulla superficie della pietra e come questi fiori microscopici abbiano un effetto gradevole.
Un giorno mi han chiesto: " Perché non fate più cose dalle forme libere come nel padiglione di New York? ". La signora che mi poneva la domanda era una critica.  Risposi: " Non ho più trovato materiale adatto ".  Non è possibile realizzare architetture libere con elementi standardizzati.  Un mattone rettangolare non fa allo scopo.  Il mattone conserverà la sua linearità fin quando non inventeremo un mattone che permetta libertà di forme.  Sono convinto che è possibile trovare per il mattone una forma con cui si possano fare muri concavi, convessi, rotondi e rettangolari.  Parlando qui, nel Centroeuropa, dove il mattone si è diffuso, è forse opportuno concludere affermando che siamo ben lungi dal poter disporre di tutti i materiali che ci occorrono per le nostre architetture.  Ma bisognerebbe trovare una forma universale non solo per i mattoni, una forma adatta a tutte le evenienze, discorso che vale per la standardizzazione in genere.
Quando saremo in grado di ottenere risultati diversi e differenziati con la stessa unità standardizzata, adattabile a compiti differenti con l'elasticità che le è propria, saremo allora passati tra Scilla e Cariddi, tra l'individualismo e il collettivismo.


       


FONTE : dal libro  Alvar Aalto , Idee di architettura , scritti scelti 1921-1968 , Zanichelli, Bologna, 1987.     
















PER UN'ARCHITETTURA PIU' UMANA, di Alvar Aalto



Alvar Aalto


PER UN'ARCHITETTURA PIU' UMANA

 

Articolo pubblicato in inglese col titolo The Humanizing of Architecture in "The Technological Review" nel novembre del 1940.


In contrapposizione alla metodologia che ha come fine la ricerca della pura forma di un edificio esiste un'architettura nota col nome di "funzionalismo".
Lo sviluppo dell'idea funzionale e la sua espressione strutturale costituiscono forse l'elemento più ricco di significati per l'architettura del nostro tempo.  Tuttavia, il concetto di funzione in architettura e quindi anche il funzionalismo, non sono definibili con precisione.  "Funzione" è l'uso specifico, il lavoro o l'azione di una determinata cosa.  D'altra parte "funzione" è un'idea o un concetto dipendente da più fattori e di conseguenza mutante.  Il "funzionalismo" - il dizionario lo definisce tout court come adattamento logico della forma all'uso - è allo stesso tempo qualcosa di meno e qualcosa di più di tutto questo, dato che deve comprendere e considerare il significato stesso di "funzione".
L'architettura è un fenomeno sintetico che abbraccia tutti i campi dell'attività umana.  Un oggetto, nel contesto architettonico, può essere funzionale da un punto di vista e non-funzionale da un altro.  Nell'ultimo decennio, l'architettura è stata funzionale sul piano tecnico ma soprattutto per quanto riguarda il lato economico della costruzione.  Tale particolare è certamente importante poiché la costruzione di una casa per l'uomo è un'operazione costosa se paragonata alla soddisfazione di altri bisogni.  Se compito dell'architettura è valorizzare le qualità umane, il primo passo da compiere è di bene organizzare l'aspetto economico della questione.  Ma dato che l'architettura coinvolge tutti gli aspetti della vita umana, un'architettura veramente funzionale deve essere funzionale dal punto di vista umano. 
Se osserviamo con più attenzione il processo della vita, ci accorgiamo che la tecnica è solo un elemento ausiliario, non un fenomeno definito e indipendente.  Un funzionalismo solo tecnico non può creare un'architettura passo per passo, cominciando dall'aspetto economico e tecnico, coinvolgendo gradualmente, in un secondo tempo, le funzioni più complesse, potremmo anche accettare un funzionalismo puramente tecnico.  Ma tale possibilità non esiste.  Non solo l'architettura abbraccia tutti i campi dell'attività umana, ma si deve sviluppare sincronicamente in tutti i suoi vari settori.  Altrimenti si ottengono solo risultati parziali e superficiali.
Il concetto di "razionalismo" affiora, nel contesto dell'architettura moderna, con la stessa frequenza del termine "funzionalismo".  L'architettura moderna è stata razionalizzata dal punto di vista tecnico, col crescere dell'importanza delle funzioni tecniche.  Ora anche se il primo periodo razionale dell'architettura ha dato vita a costruzioni in cui la tecnica razionalizzata è stata assai enfatizzata a scapito dell'aspetto umano, delle soluzioni, non è una ragione per opporsi alla razionalizzazione architettonica.
Nella fase eroica dell'architettura moderna il razionalismo in quanto tale non era sbagliato. Si tratta di un periodo ormai trascorso.  L'errore consiste, a mio giudizio, nel fatto che il razionalismo non è andato sufficientemente in profondità.  Anziché opporsi all'atteggiamento razionalista, la corrente più recente dell'architettura moderna si sforza di elaborare soluzioni razionali, che partono dalla tecnica, certamente, ma che considerano contemporaneamente le componenti umane e psicologiche.
Facciamo un esempio: uno degli aspetti tipici dell'architettura moderna è stata l'attenzione posta alla fabbricazione in serie partendo da nuovi materiali e da nuovi procedimenti costruttivi.  La sedia in tubolare d'acciaio è senza dubbio razionale sotto il duplice aspetto della tecnica e della costruzione: essa è leggera e si presta bene alla produzione in grande serie.  Ma dal punto di vista umano le superfici di acciaio cromato non sono soddisfacenti.  L'acciaio è un forte conduttore di calore.  Le superfici cromate hanno riflessi abbaglianti e, dal punto di vista acustico, male si prestano a una sala.  Le motivazioni razionali che hanno dato luogo a questo stile di mobile erano ben poste, ma il risultato conclusivo sarà accettato soltanto se, nel quadro di un processo di razionalizzazione, si potrà ricorrere a materiali che tengono conto delle esigenze dell'utenza.
Senza dubbio l'architettura moderna è ora in una nuova fase, nella quale si tenta di considerare e dare soluzione anche ai problemi umani e psicologici.  Ciò non significa che questo periodo sia in contraddizione con quello precedente.  Al contrario, lo si deve considerare un allargamento dei metodi razionali per inglobare i settori contigui della conoscenza.
Negli ultimi decenni l'architettura è stata spesso paragonata alla scienza e ci si è impegnati a un lavoro più scientifico, tentando addirittura di farne una scienza vera e propria.  Ma l'architettura non è una scienza. 
L'architettura è, e resta, un meraviglioso processo di sintesi in cui sono coinvolte migliaia di componenti umane: essa rimane pur sempre "architettura".  La sua missione è ancora di armonizzare il mondo materiale con la vita.  Rendere l'architettura più umana significa fare architettura migliore, e significa allargare il concetto di funzionalismo oltre il limite della tecnica.  Questa meta può essere raggiunta solo con mezzi architettonici, creando e combinando le tecniche, così che si possa offrire all'uomo l'esistenza più armoniosa possibile.


       


FONTE : dal libro  Alvar Aalto , Idee di architettura , scritti scelti 1921-1968 , Zanichelli, Bologna, 1987.     


















IL SISTEMA DELL'ORNAMENTO ARCHITETTONICO SECONDO LA FILOSOFIA DEI POTERI UMANI, di Louis Henry Sullivan



Louis Henry Sullivan

 
IL SISTEMA DELL'ORNAMENTO ARCHITETTONICO
SECONDO LA FILOSOFIA DEI POTERI UMANI
(testo del 1924)  




Il germoglio: la sede del potere

Sopra è disegnato lo schema di un tipico seme con due cotiledoni. I cotiledoni sono foglie rudimentali specializzate contenenti una riserva di nutrimento sufficiente per la fase iniziale di sviluppo del germoglio.
Il germoglio è l’oggetto reale; la sede dell’identità. Nei suoi delicati meccanismi risiede la volontà di potere: la funzione che deve cercare ed eventualmente trovare la sua piena espressione nella forma.
La sede del potere e la volontà di vivere costituiscono la semplice idea operante sulla quale si fonda tutto ciò che segue - come lo sbocciare.



L’inorganico e l’organico

Con la parola inorganico si intende di solito ciò che è senza vita o che appare tale: come la pietra, i metalli, il legno stagionato, l’argilla o simili. Ma niente è realmente inorganico per la volontà creativa dell’uomo. Il suo potere spirituale domina l’inorganico e lo fa vivere in forme che la sua immaginazione produce da ciò che non ha vita, che è amorfo. Egli trasmuta così nell’immagine della sua passione ciò che di per se stesso non avrebbe tale potere. Così l’uomo nel suo potere fa nascere ciò che fino ad allora non esisteva.
Perché l’uomo è potere, e questo potere si genera in natura insieme al potere del germe del seme. Così egli domina a piacere il regno organico o vivente, e anche in questo crea a suo arbitrio; poiché il potere di volere è uno dei molti che egli ha. Da ciò deriva che, per il germoglio del tipico seme con i suoi insiti poteri, egli possa sostituire, nel pensiero, il suo proprio volere quale sede di un potere vitale in un simbolico o immaginario seme-germoglio che sarà la semplicissima energia-base di una teoria dell’infiorescenza che comporta di conseguenza una teoria del controllo plastico dell’inorganico. Questi due elementi della nostra premessa non devono essere considerati come due concezioni separate da armonizzare, ma come due fasi dell’impulso unico dell’immaginazione e della volontà creativa dell’uomo – la volontà di creare a somiglianza delle sue emozioni e del suo intelletto; la passione di creare ad immagine del suo stesso potere; l’impulso di creare una compagnia ai suoi più reconditi pensieri.



L’uomo identifica l’inorganico e l’organico con se stesso

Il potere dell’uomo di creare è intimamente basato sulla sua capacità di simpatizzare; poiché la simpatia è fra i poteri dell’uomo.
Nel discutere i poteri dell’uomo si postula adesso che essi sono congeniti: non sono “doni” ricevuti da una fonte esterna, ma sono, più semplicemente, e riflettendovi, più ovviamente, fasi o sottoattività di quell’integrale solitario ego, che, e da solo, è l’indice dell’identità razziale e individuale. Questo ego, precisamente, rappresenta per l’uomo, come essenza di principio, ciò che la sede del potere nel germoglio rappresenta per la futura forma della pianta; poiché esso è il potere della iniziativa. Tutti i poteri gli sono inerenti. Questi poteri congeniti dell’ego sono così numerosi, così multiformi, così vari, e le loro delicate azioni e interazioni così nascoste a un occhio distratto o prevenuto, che si ignora la loro integrità. Essi non suscitano alcun particolare commento; non ci sorprendono come sensazionale evidenza del potere dell’uomo come tale, poiché noi li consideriamo come virtù separatamente conferite, facoltà, talenti, doni, o cose di poca importanza, senza una più chiara idea rispetto ad una loro possibile irradiazione comune da un centro spirituale definito di Essere e di Potere.
Ora l’ego non è soltanto la sede della coscienza intellettuale, ma, e ciò è di ben maggiore importanza, è primariamente la sede dell’istinto: è l’istinto – l’intelletto non è che una delle sue facoltà.
Così, gradualmente, andiamo rivelando i poteri dell’uomo, e li andiamo chiarendo all’intelligenza; ma certamente uno dei maggiori è la simpatia. Essa implica una squisita visione; il potere di ricevere quanto di dare; un potere di entrare in comunione con le cose animate e quelle inanimate; di essere all’unisono coi poteri ed i processi della natura; di osservare – in una fusione di identità – la Vita operante ovunque -– incessante e silenziosa – insondabile nel suo significato, mistica nel suo impulso creativo nell’innumerevole pullulare di identità e delle forme esterne. La simpatia così intesa come un potere, è l’inizio della comprensione; poiché il sapere, da solo, non è comprensione.

Da questo deriva che non può esservi una genuina comprensione della natura di un’arte creativa di qualsiasi genere, o di una attività creativa di qualsiasi genere, senza una chiara visione degli innati poteri umani e della loro latente intensità evocata e incitata all’azione dal potere del suo desiderio – il quale è emozione e perciò istintivo.



Qualcosa di più sui poteri dell’uomo

Abbiamo parlato, in modo piuttosto rapido, dei poteri dell’uomo come originati ed insiti in lui; cioè non “donati” dall’esterno o dall’“alto” attraverso un processo di magica, benevola distribuzione o una speciale scelta selettiva. In altre parole, si desidera che sia compreso che tali poteri sono naturali. Anche se sopiti, soppressi o inarticolati, essi sono latenti. <Si insiste ora sul fatto che il genio è potenzialmente universale>.
Un serio, dispendioso, veramente reazionario, rovinoso e repressivo difetto nella educazione di noi tutti, salvo gli spiriti veramente liberi, è che la recente scoperta dell’uomo come potere normale e autoregolantesi, è stata considerata poco meno che una eresia; laddove, di fatto, la verità di tale affermazione potrebbe condurre realmente più che idealisticamente alla libertà, ed è il fattore principale nel programma: “Uomo, conosci te stesso”.
Ora, con la mente ragionevolmente libera dalle superstizioni correnti, dalla sopravvivenza di una tradizionale fede nelle multiformi formule magiche insieme all’omaggio pagato a fantasmi e miraggi, consideriamo semplicemente e senza formalità i poteri dell’uomo. Cerchiamo di vedere con chiarezza, in certa misura, l’uomo naturale <la sede del genio>.
Per comodità gli integrali poteri dell’uomo, intercambiabili tra loro, possono essere raggruppati separatamente ed isolati, come gruppo fisico, emotivo, intellettuale, morale e spirituale, come se tale fosse la realtà. Ma nel perseguire un tal metodo bisogna sempre imprimersi nella mente che si tratta di un potere vivo, non di una idealistica astrazione o di una cosa inesistente.
A questa parte del nostro discorso porremo la premessa che la parola negativo è priva di un valido significato naturale; che la parola positivo è un universale simbolo di potere che tutto permea.
Riguardo ai gruppi di poteri ai quali abbiamo alluso, essi possono essere delineati come segue:

Gruppo i
I poteri fisici sono ben noti. Essi sono principalmente, al nostro fine, la crescita e la conservazione del corpo, controllo
muscolare e motilità, il potere di operare, di effettuare cambiamenti,
di creare situazioni.

Gruppo ii
Il gruppo intellettuale comincia col potere della curiosità e termina con manipolazioni estremamente sofisticate. In questo gruppo si trovano i poteri dell’osservazione, della memoria, della riflessione e del ragionamento; e per ragionamento intendiamo la costruzione di un diagramma o di un modello che intenda mostrare come la curiosità lavora per soddisfare il suo desiderio di una forma ordinata.

Gruppo iii
Il gruppo emotivo abbraccia ogni impulso, ogni capacità di sentimento; un enorme complesso vulcanico, la base dell’azione, specialmente dell’azione spettacolare, privata o pubblica, segreta o scoperta. È l’istinto. È il grande potere che muove i popoli del mondo - anche se essi si affannano a negarlo - anche se esaltano l’Intelletto <al rango di feticcio>.

Gruppo iv
Il gruppo morale: il grande potere stabilizzante! Molto frainteso e poco usato dagli uomini – da loro ridotto a banalità; ignorando che il suo potere centrale della libera scelta è l’asse del vivere umano, quello che determina il suo carattere, e che, a seconda della saggezza della sua scelta individuale e collettiva, egli continuerà ad essere tirannizzato dal Fato oppure rivendicherà e renderà stabile la propria libertà, la propria integrità, e così creerà e controllerà il suo destino.
Affrontare questo compito è la principale grande avventura del nostro tempo e dei tempi a venire. È la speranza del mondo: l’appassionato desiderio che ora si agita nel cuore degli uomini. Oltre ad essere libero, lo spirito umano deve liberare ed organizzare i suoi poteri istintivi. Il suo intelletto li ha tenuti troppo a lungo in servitù. Egli deve riconoscere e utilizzare l’ovvia verità che il Fato è sempre stato lui stesso, che il destino ora è in lui. Da qui che sia la scelta la più possente delle sue facoltà morali. La più profonda verità morale è questa: il potere di scelta è presente in tutti gli uomini.

Gruppo v
Il gruppo spirituale adempie ad una funzione di super-qualità nella chiarezza della visione. Vede come in un sogno; sente come  nelle profondità dell’istinto. È un potere nascosto, calmo, che riposa nel deserto dello spirito, sereno nella sua vasta solitudine, vigile nelle sue penetranti intuizioni; totalmente conscio della vita, in contemplazione del mistero, aperto al potere della vita; pago e consenziente che la vita sia un sogno in un più grande sogno, e che l’uomo sia lui stesso un sognatore nel sogno della vita. Allora, come in un sogno, lo Spirito contempla lo Spirito, la Vita contempla la Vita, l’Uomo contempla l’Uomo.
Specialmente lo spirito contempla il suo stesso ampio potere, poiché esso è il vero ego.
Ugualmente esso concentra la sua visione sull’umanità, sull’uomo stesso – uomo fisico, intellettuale, emotivo, morale, spirituale; per ridestare l’uomo come col richiamo di uno straordinario gallo, nell’ora in cui spunta l’alba, alla coscienza di se stesso, ad una realizzazione della propria natura e dei propri poteri; per evocare la sua gentilezza, la sua fede ed il suo coraggio - per disperdere i suoi timori.

 

Il potere dell’uomo in azione

Lo scopo di questa esposizione per gruppi dei poteri dell’uomo è di mostrare il loro potere congiunto nelle questioni pratiche – il mutuo rafforzarsi di ogni potere con gli altri. Perciò:
l’uomo fisico può essere chiamato l’operaio, l’artefice;
l’uomo avido di sapere diviene lo scienziato;
l’uomo emotivo drammatizza le attività: egli colora la vita;
l’uomo contemplativo, speculativo diviene il filosofo;
il potere morale dell’uomo spinge verso la democrazia (il grande sogno).
Il sognatore diviene il veggente, il mistico, il poeta, il profeta, il pioniere, colui che afferma, l’orgoglioso avventuriero. Egli sogna il suo sogno ad occhi aperti, con una chiara visione della realtà, un profetico modo di vedere, una intensa e persistente concentrazione su un’idea, uno scopo. Il suo potere utilizza e maneggia tutti gli altri poteri concentrando i loro scopi in un programma di reale conseguimento.
E così l’uomo fisico, l’artefice, si fa più forte in virtù della ricerca-scienza; più forte ancora con l’aggiunta dell’emozione drammatizzazione; più forte ancora attraverso lo stimolo e il sostegno della filosofia; più forte ancora mediante il tonico dell’equilibrio morale come si trova espresso nell’impegno e la responsabilità umana; così egli raggiunge l’apice dei suoi poteri quando tutte queste facoltà incrementatrici sono avvolte nel suo sogno di potere creativo, ed egli assurge all’altezza di quell’artefice semplicissimo, quel super-manipolatore che materializza i suoi sogni nel mondo di ogni giorno - per il bene dell’umanità.
Perché i poteri dell’uomo non vanno considerati come astrazioni, come sostantivi separati o figure del discorso nei libri o nel parlare, ma come una irresistibile evidenza della vera natura dell’uomo. Poiché, in questa situazione intimamente drammatica, riflettendo, ci troviamo di fronte al fatto sbalorditivo che dal principio alla fine della storia l’uomo non è mai stato realmente cercato né veramente trovato.
Cercare e trovare l’uomo è la moderna avventura – una impresa del tutto accessibile se il metodo è semplice e lo spirito è libero.
La pista verso gli autentici poteri dell’uomo serpeggia con molte curve attraverso la giungla di complessità che chiamiamo civiltà. Si allarga e si spiana man mano che seguiamo la traccia di ciò che l’uomo ha lasciato dietro di sé in pensieri ed azioni, e noi improvvisamente intravediamo l’uomo di oggi e ciò che egli pensa e fa (l’uomo di oggi nell’uomo del passato – l’uomo del passato nell’uomo di oggi) e mentre ci spingiamo faticosamente in avanti attraverso il fantasmagorico oscurantismo dei nostri preconcetti, perché stimolati dall’impulso dei fatti scoperti (o forse avidamente – se con la mente sgombra e ostinata) e mentre ci abbandona un’illusione dopo l’altra, ed un velo dopo l’altro si alza dinanzi all’apparire dei nostri timori, l’uomo della realtà ci appare improvvisamente  a nostra totale costernazione o a nostra grandissima gioia, poiché l’uomo non è ciò che la nostra razza ha così a lungo creduto che fosse e ancora crede sia.
al midollo, è la quintessenza del potere, il sognatore di sogni, il creatore di realtà, il più grande degli artefici – il Maestro Artigiano.
Il sogno moderno (malgrado sia ancora oscuro, inarticolato) è quello di fondare, sulla realtà dell’uomo e dei suoi poteri, una civiltà che sia conveniente a lui ed ai suoi poteri.
Così la luce moderna sorge sull’arte del mondo. Essa rivela che tutti gli uomini nei loro innati poteri sono artigiani il cui destino è creare, coraggiosamente, saggiamente e degnamente, un luogo idoneo e stabile; un mondo sano e bello.
E così la natura dell’arte universale comincia ad emergere nello splendore della luce moderna.







       


FONTE :  www.unipa.it/~estetica/download/Sullivan.pdf   .       
Per la traduzione si è fatto riferimento al testo riportato nel facsimile pubblicato nel 1990 con introduzione di J. Zulowsky e S. Glover Godlewsky. Sono state anche confrontate le traduzioni in francese e tedesco, nonché la precedente traduzione in italiano pubblicata in appendice a . Autobiografia di un’idea e altri scritti, cit., pp. 387-97.  














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