domenica 21 luglio 2019

Architetture da non dimenticare: GIOVANNI MICHELUCCI AL SASSO PISANO, di Renzo Marrucci



Renzo Marrucci

Architetture da non dimenticare

GIOVANNI MICHELUCCI AL SASSO PISANO



 
Cappella a Lagoni di Sasso Pisano, 1957, di Giovanni Michelucci
 
Lo spazio sacro nell'architettura di Michelucci presenta sempre aspetti interessanti e mai scontati, e in particolare il tema della Cappella porta l'architetto pistoiese a fermare alcune personali riflessioni che poi vengono riprese e sviluppate seguendo l'originale punto di partenza oppure rimangono nella loro natura di spunti poetici, come appunti o note, espressive di un desiderio di dialogo tra presente e futuro, in continuità con l'antica radice di appartenenza al territorio.
Nei suoi spazi liturgici ritroviamo, soprattutto oggi, una intensità di pensiero a cui è necessario fare ricorso per ristabilire un filo interrotto, per ritrovare cioè quella motivazione alla poesia e alla intensità dello spirito la cui carenza tanto nuoce alla condizione del nostro presente. Accade spesso che si realizzino spazi liturgici in cui la preoccupazione maggiore è quella di dare un carattere alla sacralità con l'applicazione di un linguaggio tecnico cifrato, tradotto nei materiali attraverso l'uso freddo o intellettualistico della geometria, e accade, nella maggioranza di questi spazi architettonici, che il simbolo venga usato come un ingrediente tecnico, dosato sulla base di una ricerca formale che ne causa l'astrazione, ingenerando, spesso, un lento ma deciso distacco nell'animo dell'uomo.
Michelucci ci dimostra invece che la forma è l'espressione di un contenuto, di un sentire forte che si rivolge alla collettività, che ha senso solo se è rivolto agli uomini e alla loro ricchezza, come alla loro complessità: occorre allora ripercorrere certe sue opere per trovare il senso del simbolo nelle sue riflessioni.
Nell'opera di Michelucci il percorso della forma trae la sua naturale identità vertebrandosi nello spessore della natura organica e misteriosa della vita, ricerca che egli svolge con singolare accanimento, sviluppando una intensa e inquieta esperienza personale, misurandosi negli elementi della storia ma facendo riferimento all'ambiente della sua crescita, avvertendo fortemente il peso della storia senza tuttavia subirlo. Nel suo lavoro l'architetto toscano trova una consapevolezza che motiva l'ostinazione ad esplicitare valori che portano l'uomo a misurarsi con se stesso e con il mondo, elaborando un proprio linguaggio organico sul senso del sacro, e inserendo la sua architettura nel tempo concreto della vita, ricaricando l'uso del simbolo di nuova tensione umana.
La natura intensa e interiorizzante di Michelucci sviluppa nel disegno il vero elemento di maturazione e di interpretazione personale che gli consente di riferirsi alla natura in modo diretto, senza mediazioni e da cui trae la radice profonda per le sue opere: così anche per la Chiesa di Larderello, dove elabora un volume di colore e di luce in un contesto di chiara matrice geometrica, supera la durezza e l'aridità dello schema per divenire una realtà viva e vivificante, insieme con le funzioni sociali e il particolare paesaggio del villaggio industriale che solo l'incuria dell'uomo può, come sta di fatto accadendo, alienarne la vitalità.
Nello stesso territorio, con la Cappella "Lagoni" al Sasso Pisano, Michelucci invece trova un ambiente che gli consente di inserire con grazia un volume in pietra locale a vista liberamente posata, dominando la geometria in ruolo di primordiale supporto, affermando l'organicità e la priorità poetica dell'impianto architettonico. In breve, egli sviluppa un tema già affrontato nella Chiesa di Collina a Pontelungo pistoiese, ma è come se gli ritornassero fuori dalle mani, in un organismo di sintesi, quelle riflessioni che troveranno un'intensa espressione nella Chiesa dell'Autostrada del Sole, sette anni più tardi, realizzando, forse, in questo cantiere, vissuto con rara intensità e partecipazione, il momento più alto della sua ricerca architettonica.
La Cappella di Sasso Pisano è caratterizzata da un portico che si apre come uno spazio naturale, rivolto verso il paese, accogliente ed introducente all'interno dell'aula, dove l'abside, una sorta di luce spiovente, ferma e definisce lo spazio interno, che non ha bisogno di immagini o decorazioni in quanto individua una propria autonomia spirituale nella semplicità degli elementi plastici delle pareti, che assumono valore di confine spaziale per una luminosità indiretta e radente, filtrante da un risalto della copertura. Di fatto con un segno Michelucci riunisce il portico e l'aula con l'abside, crea uno spazio essenziale e umano e con un altro segno da forma a una sagrestia, realizzando una estensione spaziale di piccola-grande chiesa.
La funzione del portico e degli elementi all'interno dell'aula, il secondo accesso come spazio di relazione tra l'aula e la sagrestia, tutte queste funzioni, individuate come sequenza organicamente impostata, affermano il senso dei luoghi dello spazio liturgico.
Michelucci riscopre una organica fisiologia del sacro dalle sue frequenti passeggiate in campagna, attinge dal suo rapporto intenso con i materiali e ripete, filtrandoli con la sua spiritualità, i percorsi reali e immaginati della natura, aggiungendoci il suo amore per la vita, un amore che è il frutto di un'attenzione intelligente e tradotto tramite il disegno, da cui dopo si distacca con pudore. Ecco come lui arriva alle sue chiese, ai suoi personali e appassionati spazi sacri che talvolta i Parroci non amano... perché sono frutto della sua libera istintiva sensibilità religiosa verso la vita e i suoi simili.
L'architetto vive i suoi temi con naturalezza e anche con una certa sofferenza, determinando l'esito architettonico della realizzazione, seguendo il cantiere in ogni sua parte e credendo fortemente alla partecipazione e al valore dei materiali, di cui comprende l'importanza tattile e mentale, il valore spirituale che può sprigionare dalla comprensione e dall'uso che se ne fa in un edificio.
L'impegno e i risultati non sono minori nelle altre opere di carattere civile e tuttavia mi sembra di capire che nei temi religiosi egli tocca corde che gli suonano in modo forse più assoluto, libero ed alto, forse perché meno compresso dalle sollecitazioni e dai problemi insiti nella farraginosità del già complesso sistema sociale italiano.
Per questo suo intenso approccio alla natura e ai valori della storia, intesi come rispetto intelligente e attivo verso la vita, Michelucci mostra di ereditare e proseguire un cammino sull'esperienza dei maestri del passato ma senza ripeterli, affidandosi cioè tenacemente alla propria capacità di sentire... Merita di essere studiato e capito perché la sua ricerca, a mio parere, costituisce un esempio efficace anche dal punto di vista didattico per attenuare la preoccupante tendenza ingenerata da una spregiudicata superficialità sui contenuti dell'architettura oggi, estremamente nociva alla qualità dell'uomo in ogni senso.
Visitando oggi la Cappella Lagoni si riscontra la necessità di una serie di opere di manutenzione che restituiscano l'agibilità al culto, che attualmente non ha, oltre a rendere giustizia alla qualità dello spazio michelucciano. E' quindi auspicabile un sollecito intervento delle istituzioni locali e dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici di Pisa che hanno l'obbligo di provvedere alla tutela di questa interessante testimonianza di architettura del nostro tempo.
Le opere necessarie e urgenti risultano, allo stato attuale, di modesta entità e riguardano la riorganizzazione dell'altare impraticabile e il controllo degli esterni, in modo da conservare e utilizzare questa presenza importante che andrebbe valorizzata e fatta conoscere anche attraverso apposite segnalazioni e indicazioni stradali.



       



Fonte :  si ringrazia l'architetto Renzo Marrucci che ha cortesemente inviato un suo scritto del 2001 sull'opera di  Giovanni Michelucci alla Redazione del Portale.  
    
        
Per approfondimentiwww.michelucci.it    















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