Renzo Marrucci
Architetture da non dimenticare
GIOVANNI MICHELUCCI AL SASSO PISANO
Cappella a Lagoni di Sasso Pisano, 1957, di Giovanni
Michelucci
Lo spazio sacro
nell'architettura di Michelucci presenta sempre aspetti interessanti e mai
scontati, e in particolare il tema della Cappella porta l'architetto pistoiese a
fermare alcune personali riflessioni che poi vengono riprese e sviluppate
seguendo l'originale punto di partenza oppure rimangono nella loro natura di
spunti poetici, come appunti o note, espressive di un desiderio di dialogo tra
presente e futuro, in continuità con l'antica radice di appartenenza al
territorio.
Nei suoi spazi liturgici
ritroviamo, soprattutto oggi, una intensità di pensiero a cui è necessario fare
ricorso per ristabilire un filo interrotto, per ritrovare cioè quella
motivazione alla poesia e alla intensità dello spirito la cui carenza tanto
nuoce alla condizione del nostro presente. Accade spesso che si realizzino spazi
liturgici in cui la preoccupazione maggiore è quella di dare un carattere alla
sacralità con l'applicazione di un linguaggio tecnico cifrato, tradotto nei
materiali attraverso l'uso freddo o intellettualistico della geometria, e
accade, nella maggioranza di questi spazi architettonici, che il simbolo venga
usato come un ingrediente tecnico, dosato sulla base di una ricerca formale che
ne causa l'astrazione, ingenerando, spesso, un lento ma deciso distacco
nell'animo dell'uomo.
Michelucci ci dimostra invece
che la forma è l'espressione di un contenuto, di un sentire forte che si rivolge
alla collettività, che ha senso solo se è rivolto agli uomini e alla loro
ricchezza, come alla loro complessità: occorre allora ripercorrere certe sue
opere per trovare il senso del simbolo nelle sue riflessioni.
Nell'opera di Michelucci il
percorso della forma trae la sua naturale identità vertebrandosi nello spessore
della natura organica e misteriosa della vita, ricerca che egli svolge con
singolare accanimento, sviluppando una intensa e inquieta esperienza personale,
misurandosi negli elementi della storia ma facendo riferimento all'ambiente
della sua crescita, avvertendo fortemente il peso della storia senza tuttavia
subirlo. Nel suo lavoro l'architetto toscano trova una consapevolezza che motiva
l'ostinazione ad esplicitare valori che portano l'uomo a misurarsi con se stesso
e con il mondo, elaborando un proprio linguaggio organico sul senso del sacro, e
inserendo la sua architettura nel tempo concreto della vita, ricaricando l'uso
del simbolo di nuova tensione umana.
La natura intensa e
interiorizzante di Michelucci sviluppa nel disegno il vero elemento di
maturazione e di interpretazione personale che gli consente di riferirsi alla
natura in modo diretto, senza mediazioni e da cui trae la radice profonda per le
sue opere: così anche per la Chiesa di Larderello, dove elabora un volume di
colore e di luce in un contesto di chiara matrice geometrica, supera la durezza
e l'aridità dello schema per divenire una realtà viva e vivificante, insieme con
le funzioni sociali e il particolare paesaggio del villaggio industriale che
solo l'incuria dell'uomo può, come sta di fatto accadendo, alienarne la
vitalità.
Nello stesso territorio, con la
Cappella "Lagoni" al Sasso Pisano, Michelucci invece trova un ambiente che gli
consente di inserire con grazia un volume in pietra locale a vista liberamente
posata, dominando la geometria in ruolo di primordiale supporto, affermando
l'organicità e la priorità poetica dell'impianto architettonico. In breve, egli
sviluppa un tema già affrontato nella Chiesa di Collina a Pontelungo pistoiese,
ma è come se gli ritornassero fuori dalle mani, in un organismo di sintesi,
quelle riflessioni che troveranno un'intensa espressione nella Chiesa
dell'Autostrada del Sole, sette anni più tardi, realizzando, forse, in questo
cantiere, vissuto con rara intensità e partecipazione, il momento più alto della
sua ricerca architettonica.
La Cappella di Sasso Pisano è
caratterizzata da un portico che si apre come uno spazio naturale, rivolto verso
il paese, accogliente ed introducente all'interno dell'aula, dove l'abside, una
sorta di luce spiovente, ferma e definisce lo spazio interno, che non ha bisogno
di immagini o decorazioni in quanto individua una propria autonomia spirituale
nella semplicità degli elementi plastici delle pareti, che assumono valore di
confine spaziale per una luminosità indiretta e radente, filtrante da un risalto
della copertura. Di fatto con un segno Michelucci riunisce il portico e l'aula
con l'abside, crea uno spazio essenziale e umano e con un altro segno da forma a
una sagrestia, realizzando una estensione spaziale di piccola-grande chiesa.
La funzione del portico e degli
elementi all'interno dell'aula, il secondo accesso come spazio di relazione tra
l'aula e la sagrestia, tutte queste funzioni, individuate come sequenza
organicamente impostata, affermano il senso dei luoghi dello spazio liturgico.
Michelucci riscopre una organica
fisiologia del sacro dalle sue frequenti passeggiate in campagna, attinge dal
suo rapporto intenso con i materiali e ripete, filtrandoli con la sua
spiritualità, i percorsi reali e immaginati della natura, aggiungendoci il suo
amore per la vita, un amore che è il frutto di un'attenzione intelligente e
tradotto tramite il disegno, da cui dopo si distacca con pudore. Ecco come lui
arriva alle sue chiese, ai suoi personali e appassionati spazi sacri che
talvolta i Parroci non amano... perché sono frutto della sua libera istintiva
sensibilità religiosa verso la vita e i suoi simili.
L'architetto vive i suoi temi
con naturalezza e anche con una certa sofferenza, determinando l'esito
architettonico della realizzazione, seguendo il cantiere in ogni sua parte e
credendo fortemente alla partecipazione e al valore dei materiali, di cui
comprende l'importanza tattile e mentale, il valore spirituale che può
sprigionare dalla comprensione e dall'uso che se ne fa in un edificio.
L'impegno e i risultati non sono
minori nelle altre opere di carattere civile e tuttavia mi sembra di capire che
nei temi religiosi egli tocca corde che gli suonano in modo forse più assoluto,
libero ed alto, forse perché meno compresso dalle sollecitazioni e dai problemi
insiti nella farraginosità del già complesso sistema sociale italiano.
Per questo suo intenso approccio
alla natura e ai valori della storia, intesi come rispetto intelligente e attivo
verso la vita, Michelucci mostra di ereditare e proseguire un cammino
sull'esperienza dei maestri del passato ma senza ripeterli, affidandosi cioè
tenacemente alla propria capacità di sentire... Merita di essere studiato e
capito perché la sua ricerca, a mio parere, costituisce un esempio efficace
anche dal punto di vista didattico per attenuare la preoccupante tendenza
ingenerata da una spregiudicata superficialità sui contenuti dell'architettura
oggi, estremamente nociva alla qualità dell'uomo in ogni senso.
Visitando oggi la Cappella
Lagoni si riscontra la necessità di una serie di opere di manutenzione che
restituiscano l'agibilità al culto, che attualmente non ha, oltre a rendere
giustizia alla qualità dello spazio michelucciano. E' quindi auspicabile un
sollecito intervento delle istituzioni locali e dalla Soprintendenza ai Beni
Architettonici di Pisa che hanno l'obbligo di provvedere alla tutela di questa
interessante testimonianza di architettura del nostro tempo.
Le opere necessarie e urgenti
risultano, allo stato attuale, di modesta entità e riguardano la
riorganizzazione dell'altare impraticabile e il controllo degli esterni, in modo
da conservare e utilizzare questa presenza importante che andrebbe valorizzata e
fatta conoscere anche attraverso apposite segnalazioni e indicazioni stradali.
Fonte :
si ringrazia l'architetto Renzo Marrucci che ha cortesemente inviato un suo
scritto del 2001 sull'opera di Giovanni Michelucci alla Redazione del Portale.
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