Bruno Zevi
Lo "spazio" protagonista
dell'architettura
... La
mancanza di una soddisfacente storia dell'architettura deriva dalla disabitudine
della maggioranza degli uomini di intendere lo spazio, e dall'insuccesso degli
storici e dei critici dell'architettura nell'applicare e diffondere un coerente
metodo di studio spaziale degli edifici.
Tutti
coloro che hanno anche fuggevolmente riflettuto sull'argomento sanno che il
carattere precipuo dell'architettura - il carattere per cui essa si distingue
dalle altre attività artistiche - sta nel suo agire con un vocabolario
tridimensionale che include l'uomo.
La
pittura agisce su due dimensioni, anche se può suggerirne tre o quattro. La
scultura agisce su tre dimensioni, ma l'uomo ne resta all'esterno, separato,
guarda dal di fuori le tre dimensioni. L'architettura invece è come una grande
scultura scavata nel cui interno l'uomo penetra e cammina...
...L'architettura non deriva da una somma di larghezze, lunghezze e altezze
degli elementi costruttivi che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto,
dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e
vivono...
...Lo
spazio interno, quello spazio che... non può essere rappresentato compiutamente
in nessuna forma, che non può essere appreso e vissuto se non per esperienza
diretta, è il protagonista del fatto architettonico. Impossessarsi dello
spazio, saperlo "vedere", costituisce la chiave d'ingresso alla comprensione
degli edifici. Fino a che non avremo imparato non solo a comprenderlo in sede
teorica, ma ad applicarlo come elemento sostanziale nella critica
architettonica, una storia e perciò un godimento dell'architettura non ci
saranno che vagamente concessi...
...La
quarta dimensione sembrò rispondere esaurientemente al quesito delle dimensioni
dell'architettura. Noi giriamo tra le mani una statuetta per osservarla da tutte
le parti, o andiamo intorno ad un gruppo statuario per studiarlo da un lato e
dall'altro, in lontananza e vicino. In architettura - si ragionò - c'è lo stesso
elemento "tempo", anzi questo elemento è indispensabile all'attività edilizia:
dalla prima capanna, dalla prima caverna dell'uomo primitivo alla vostra casa,
alla chiesa, alla scuola, all'ufficio dove lavorate, ogni opera di architettura,
per essere compresa e vissuta, richiede il tempo del nostro cammino, la quarta
dimensione. Il problema parve ancora una volta risolto.
Senonché
una dimensione che è comune a tutte le arti non può essere evidentemente
caratteristica di nessuna, e perciò lo spazio architettonico non si esaurisce
nelle quattro dimensioni. Questo nuovo fattore "tempo" ha poi due
significati antitetici in architettura e pittura. In pittura, la quarta
dimensione è una qualità rappresentativa di un oggetto, è un elemento della
realtà dell'oggetto che un pittore può scegliere di proiettare sul piano, e che
non richiede nessuna partecipazione fisica dell'osservatore. Nella scultura
avviene la stessa cosa: il "moto" di una forma di Boccioni è una qualità propria
della statua che contempliamo e che dobbiamo rivivere psicologicamente e
visivamente.
Ma in
architettura il fenomeno è totalmente diverso e concreto: qui è l'uomo che
muovendosi nell'edificio, studiandolo dai successivi punti di vista, crea, per
così dire, la quarta dimensione, dona allo spazio la sua realtà integrale.
Per essere più precisi... la quarta dimensione è sufficiente a definire il
volume architettonico, cioè la scatola muraria che racchiude lo spazio. Ma lo
spazio in sé - l'essenza dell'architettura - trascende i limiti della quarta
dimensione... lo spazio architettonico non è definibile nei termini delle
dimensioni della pittura e della scultura. E' un fenomeno che si concreta solo
in architettura, e che di questa costituisce perciò il carattere specifico...
...La
definizione più precisa che si può dar oggi dell'architettura è quella che tien
conto dello spazio interno. L'architettura bella sarà l'architettura che ha uno
spazio interno che ci attrae, ci eleva, ci soggioga spiritualmente;
l'architettura brutta sarà quella che ha uno spazio interno che ci infastidisce
e ci repelle. Ma la cosa importante è stabilire che tutto ciò che non ha
spazio interno non è architettura...
...Ma qui
possono sorgere due gravissimi equivoci... essi sono:
1) che
l'esperienza spaziale architettonica si possa avere solo all'interno di un
edificio, cioè che praticamente non esista o non abbia valore lo spazio
urbanistico;
2) che lo
spazio non soltanto sia il protagonista dell'architettura, ma esaurisca
l'esperienza architettonica, e che di conseguenza l'interpretazione spaziale di
un edificio sia sufficiente come strumento critico per giudicare un'opera di
archiettura.
Questi
equivoci vanno immediatamente dissipati.
L'esperienza spaziale propria dell'architettura si prolunga nella città, nelle
strade e nelle piazze, nei vicoli e nei parchi, negli stadi e nei giardini,
dovunque l'opera dell'uomo ha limitato dei "vuoti", ha cioè creato degli spazi
racchiusi... Ora, dato che ogni volume edilizio , ogni scatola muraria
costituisce un limite, una cesura nella continuità spaziale, è chiaro che ogni
edificio collabora alla creazione di due spazi: gli spazi interni, definiti
compiutamente dall'opera architettonica, e gli spazi esterni, o urbanistici,
racchiusi entro quell'opera e le altre attigue... Allora, è evidente che tutti
quei temi che abbiamo escluso dall'architettura vera e propria - ponti,
obelischi, fontane, archi di trionfo, gruppi di alberi, ecc. - e particolarmente
le facciate degli edifici, tutti rientrano in giuoco nella formazione degli
spazi urbanistici...
...Il
secondo equivoco porta il ragionamento ai suoi estremi confini logici e
all'assurdo, con illazioni che sono totalmente estranee alle intenzioni di
coloro che sostengono l'interpretazione spaziale dell'architettura. Dire
che lo spazio interno è l'essenza dell'architettura non significa affatto
affermare che il valore di un'opera architettonica si esaurisce nel valore
spaziale. Ogni edificio è caratterizzato da una pluralità di valori: economici,
sociali, tecnici, funzionali, artistici, spaziali e decorativi, e ognuno è
padronissimo di scrivere storie economiche dell'architettura, storie sociali,
storie tecniche e volumetriche... un giudizio estetico su un edificio si fonda
non solo sul valore architettonico specifico , ma su tutti i fattori sussidiari,
che sono ora scultorei come nella decorazione applicata, ora pittorici come nei
mosaici, negli affreschi e nei quadri, ora di arredamento come nei mobili...
...La
storia dell'architettura è anzitutto e prevalentemente la storia delle
concezioni spaziali... se nell'architettura possiamo trovare i contributi delle
altre arti, è lo spazio interno, lo spazio che ci circonda e ci include, che dà
il 'la' nel giudizio su un edificio, che forma il "si" o il "no" di ogni
sentenza estetica sull'architettura. Tutto il resto è importante, o meglio
può essere importante, ma è funzione della concezione spaziale. Ogni volta che,
nella storia e nella critica, si perde di vista questa gerarchia di valori, si
genera confusione, si accentua il presente disorientamento in atto di
architettura.
Che lo
spazio, il vuoto, sia il protagonista dell'architettura, a pensarci bene, è in
fondo anche naturale: perché l'architettura non è solo arte, non è solo immagine
di vita storica o di vita vissuta da noi e da altri; è anche e soprattutto
l'ambiente, la scena ove la nostra vita si svolge...
FONTE : Saper Vedere l'Architettura , di Bruno Zevi , Einaudi, 1948. Tratto dal capitolo "Lo spazio protagonista dell'architettura" pag. 21-33.
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