domenica 21 luglio 2019

Lo "spazio" protagonista dell'architettura, di Bruno Zevi




Bruno Zevi


Lo "spazio" protagonista dell'architettura


    

... La mancanza di una soddisfacente storia dell'architettura deriva dalla disabitudine della maggioranza degli uomini di intendere lo spazio, e dall'insuccesso degli storici e dei critici dell'architettura nell'applicare e diffondere un coerente metodo di studio spaziale degli edifici.
Tutti coloro che hanno anche fuggevolmente riflettuto sull'argomento sanno che il carattere precipuo dell'architettura - il carattere per cui essa si distingue dalle altre attività artistiche - sta nel suo agire con un vocabolario tridimensionale che include l'uomo.
La pittura agisce su due dimensioni, anche se può suggerirne tre o quattro. La scultura agisce su tre dimensioni, ma l'uomo ne resta all'esterno, separato, guarda dal di fuori le tre dimensioni. L'architettura invece è come una grande scultura scavata nel cui interno l'uomo penetra e cammina...

...L'architettura non deriva da una somma di larghezze, lunghezze e altezze degli elementi costruttivi che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto, dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e vivono...
...Lo spazio interno, quello spazio che... non può essere rappresentato compiutamente in nessuna forma, che non può essere appreso e vissuto se non per esperienza diretta, è il protagonista del fatto architettonico.  Impossessarsi dello spazio, saperlo "vedere", costituisce la chiave d'ingresso alla comprensione degli edifici. Fino a che non avremo imparato non solo a comprenderlo in sede teorica, ma ad applicarlo come elemento sostanziale nella critica architettonica, una storia e perciò un godimento dell'architettura non ci saranno che vagamente concessi...

...La quarta dimensione sembrò rispondere esaurientemente al quesito delle dimensioni dell'architettura. Noi giriamo tra le mani una statuetta per osservarla da tutte le parti, o andiamo intorno ad un gruppo statuario per studiarlo da un lato e dall'altro, in lontananza e vicino. In architettura - si ragionò - c'è lo stesso elemento "tempo", anzi questo elemento è indispensabile all'attività edilizia: dalla prima capanna, dalla prima caverna dell'uomo primitivo alla vostra casa, alla chiesa, alla scuola, all'ufficio dove lavorate, ogni opera di architettura, per essere compresa e vissuta, richiede il tempo del nostro cammino, la quarta dimensione. Il problema parve ancora una volta risolto.
Senonché una dimensione che è comune a tutte le arti non può essere evidentemente caratteristica di nessuna, e perciò lo spazio architettonico non si esaurisce nelle quattro dimensioni.  Questo nuovo fattore "tempo" ha poi due significati antitetici in architettura e pittura. In pittura, la quarta dimensione è una qualità rappresentativa di un oggetto, è un elemento della realtà dell'oggetto che un pittore può scegliere di proiettare sul piano, e che non richiede nessuna partecipazione fisica dell'osservatore. Nella scultura avviene la stessa cosa: il "moto" di una forma di Boccioni è una qualità propria della statua che contempliamo e che dobbiamo rivivere psicologicamente e visivamente.
Ma in architettura il fenomeno è totalmente diverso e concreto: qui è l'uomo che muovendosi nell'edificio, studiandolo dai successivi punti di vista, crea, per così dire, la quarta dimensione, dona allo spazio la sua realtà integrale.  Per essere più precisi... la quarta dimensione è sufficiente a definire il volume architettonico, cioè la scatola muraria che racchiude lo spazio. Ma lo spazio in sé - l'essenza dell'architettura - trascende i limiti della quarta dimensione... lo spazio architettonico non è definibile nei termini delle dimensioni della pittura e della scultura. E' un fenomeno che si concreta solo in architettura, e che di questa costituisce perciò il carattere specifico...

...La definizione più precisa che si può dar oggi dell'architettura è quella che tien conto dello spazio interno. L'architettura bella sarà l'architettura che ha uno spazio interno che ci attrae, ci eleva, ci soggioga spiritualmente; l'architettura brutta sarà quella che ha uno spazio interno che ci infastidisce e ci repelle.  Ma la cosa importante è stabilire che tutto ciò che non ha spazio interno non è architettura...

...Ma qui possono sorgere due gravissimi equivoci... essi sono:
1) che l'esperienza spaziale architettonica si possa avere solo all'interno di un edificio, cioè che praticamente non esista o non abbia valore lo spazio urbanistico;
2) che lo spazio non soltanto sia il protagonista dell'architettura, ma esaurisca l'esperienza architettonica, e che di conseguenza l'interpretazione spaziale di un edificio sia sufficiente come strumento critico per giudicare un'opera di archiettura.
Questi equivoci vanno immediatamente dissipati.
L'esperienza spaziale propria dell'architettura si prolunga nella città, nelle strade e nelle piazze, nei vicoli e nei parchi, negli stadi e nei giardini, dovunque l'opera dell'uomo ha limitato dei "vuoti", ha cioè creato degli spazi racchiusi... Ora, dato che ogni volume edilizio , ogni scatola muraria costituisce un limite, una cesura nella continuità spaziale, è chiaro che ogni edificio collabora alla creazione di due spazi: gli spazi interni, definiti compiutamente dall'opera architettonica, e gli spazi esterni, o urbanistici, racchiusi entro quell'opera e le altre attigue... Allora, è evidente che tutti quei temi che abbiamo escluso dall'architettura vera e propria - ponti, obelischi, fontane, archi di trionfo, gruppi di alberi, ecc. - e particolarmente le facciate degli edifici, tutti rientrano in giuoco nella formazione degli spazi urbanistici...
...Il secondo equivoco porta il ragionamento ai suoi estremi confini logici e all'assurdo, con illazioni che sono totalmente estranee alle intenzioni di coloro che sostengono l'interpretazione spaziale dell'architettura.  Dire che lo spazio interno è l'essenza dell'architettura non significa affatto affermare che il valore di un'opera architettonica si esaurisce nel valore spaziale. Ogni edificio è caratterizzato da una pluralità di valori: economici, sociali, tecnici, funzionali, artistici, spaziali e decorativi, e ognuno è padronissimo di scrivere storie economiche dell'architettura, storie sociali, storie tecniche e volumetriche... un giudizio estetico su un edificio si fonda non solo sul valore architettonico specifico , ma su tutti i fattori sussidiari, che sono ora scultorei come nella decorazione applicata, ora pittorici come nei mosaici, negli affreschi e nei quadri, ora di arredamento come nei mobili...

...La storia dell'architettura è anzitutto e prevalentemente la storia delle concezioni spaziali... se nell'architettura possiamo trovare i contributi delle altre arti, è lo spazio interno, lo spazio che ci circonda e ci include, che dà il 'la' nel giudizio su un edificio, che forma il "si" o il "no" di ogni sentenza estetica sull'architettura.  Tutto il resto è importante, o meglio può essere importante, ma è funzione della concezione spaziale. Ogni volta che, nella storia e nella critica, si perde di vista questa gerarchia di valori, si genera confusione, si accentua il presente disorientamento in atto di architettura.
Che lo spazio, il vuoto, sia il protagonista dell'architettura, a pensarci bene, è in fondo anche naturale: perché l'architettura non è solo arte, non è solo immagine di vita storica o di vita vissuta da noi e da altri; è anche e soprattutto l'ambiente, la scena ove la nostra vita si svolge...




       


FONTE : Saper Vedere l'Architettura , di Bruno Zevi , Einaudi, 1948. Tratto dal capitolo "Lo spazio protagonista dell'architettura" pag. 21-33.    














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