Renzo Marrucci
Attualità di Giovanni Michelucci
nella Chiesa di Larderello
Chiesa di Larderello (1956-58), di Giovanni Michelucci
La
chiesa di S. Maria di Larderello è un’opera non molto nota di Giovanni
Michelucci che consente di comprendere in modo semplice ma chiaro, senza alcuna
elucubrazione intellettualistica, il rapporto tra architettura, uomo e
territorio che è tipico della ricerca organica e filosofica del maestro toscano
e che costituisce oggi, più che mai, un tema di grande attualità .
Il
complesso religioso apre il cantiere nel maggio del 1956, a dieci anni dalla
fine della seconda guerra mondiale e viene terminato alla fine del mese di
aprile 1958. L’architettura della chiesa e della canonica vengono completate,
mentre non sono mai state ultimate una parte di quelle opere esterne che ne
definivano l’integrazione al sito. L’opera conclude il ciclo degli
interventi residenziali
all'interno della zona boracifera della comunità industriale di Larderello
curato da Michelucci
insieme ad altri architetti toscani di rilievo.
Lo
spazio architettonico della chiesa è progettato dal maestro rispondendo alle
attese della comunità, di cui interpreta il bisogno di identità e connotazione
al luogo, elaborando una soluzione che si è rivelata in grado di esercitare uno
stimolante riferimento emozionale non solo per i residenti della estesa zona
boracifera ma anche per gli abitanti dei centri limitrofi.
L'architetto è consapevole delle problematiche che pesano sulla difficile
condizione del territorio in cui viene inserito il villaggio residenziale e
studia una soluzione che non aggravi la mancanza di quelle
stimolazioni
emozionali che rientrano
nella qualità di un organismo religioso, per la sua importanza culturale e
sociale. Infatti
nella chiesa di Larderello Michelucci, mette alla prova la sua natura di
sincero interprete di istanze sociali ed
umane, e semmai se vi è
qualche preoccupazione, questa, è più che altro impegnata nel tentativo di
attuare una ricerca verso una progettazione capace di qualificare la natura del
luogo e innestarvi, sempre con aspetti e gradienti presi da quella realtà, i
contenuti di una architettura accogliente e viva.
Il maestro giunge ad un interessante confronto con
la natura del territorio che non nega e tantomeno contrasta, semmai evolve
attraverso un forte senso percettivo che gli consente di entrare in sintonia tra
le intime esigenze di vita e l’ambiente con le sue caratterialità.
Michelucci comprende che la natura e la realtà del luogo deve essere integrata
con i contenuti artistici che l’architettura può dare quando segue una naturale
fiducia dell’uso dei materiali, con riflessioni concrete e aderenti, lasciando
emergere di questi il senso più vero e diretto .
A mio
personale giudizio la “magia” della chiesa di S.ta Maria a Larderello è nel
fatto che l’esperienza progettuale svolta su quel territorio difficile porta
l’autore oltre l’assunto poetico personale, che caratterizzò la chiesa a Collina
di Pontelungo, per temperarsi verso istanze più oggettive e sociali e
rispondenti ad esigenze oggettive, contingenti.
La
scoperta che il
messaggio poetico di un architetto deve passare anche nell’interpretazione dei
bisogni psicologici della popolazione locale è un aspetto
fondamentale della ricerca che Michelucci svolge in modo esemplare nella chiesa
di Larderello, dove le stringenti ragioni di un luogo assoluto impongono
risposte idonee a equilibrare il tono aspro del paesaggio industriale della
zona boracifera.
Infatti Michelucci lavora ancora su di una geometria chiara (come fece sulla
chiesa della vergine a Pistoia) ma ora plasma la struttura, la depura in modo da
far filtrare la luce all’interno di un organismo architettonico mettendo in
gioco il valore del materiale con il colore e producendo una emozione fiduciosa
e viva dello spazio sacro, che si riverbera all’esterno.
Il
tono chiaro e scansionato dei volumi con cui il maestro pistoiese propone la
struttura del tiburio produce il senso di una spazialità collettiva, ariosa e
articolata. L’aula è interpretata in modo nuovo, e stimolante è il rapporto
interno esterno
dell’architettura. Il deambulatorio prelude e corona l’aula, mentre l’avvolge
svolge il luogo dell’assemblea e prepara lo scatto della struttura in cemento
del corpo trasparente ed elevato del tiburio come luogo della luce. Il
deambulatorio è anche mediato dall’intreccio sapiente delle vetrate che
dilatano estendendo la spazialità dell’aula mentre scandiscono un autonomo
percorso visivo e simbolico.
Le
vetrate sul deambulatorio e i vari accostamenti cromatici del tiburio sono
stati studiati con la collaborazione sensibile del pittore volterrano Mino
Rosi. Un altro volterrano, il mestro Raffaello Consortini, scolpisce una
intensa Pietà lignea e di Jorio Vivarelli è la scultura della Madonna di
Montenero a cui la Chiesa di Larderello è dedicata.
All’esterno il corpo della chiesa è interessante nella articolazione dei volumi
e la soluzione del campanile a traliccio, ubicato dietro al tiburio, in asse con
il corpo della chiesa, è l’elemento architettonico che esplicitamente richiama,
con la sua matrice strutturale, al panorama industriale della zona boracifera..
Il Battistero sulla sinistra con il suo ellittico e agile volume entra a
qualificare l’ansa spaziale (una sorta di corte aperta su due lati) che la
canonica, con il suo portico, suggerisce nel suo lieve ripiegarsi sul fianco
della chiesa.
"...la Chiesa di Larderello rientra
nell'architettura come luogo...all'interno del quale non ci sente soli perché
identifica uno spazio che traspare di luce come un'anima...ed è pensato con
quella grazia particolare per cui non ci si sente soli e... "se pare una
canestra fiorita " si sente che quei fiori sono pensati per l'uomo...sia
dall'interno che dall'esterno..." Renzo Marrucci.
In definitiva la risposta di Michelucci fornisce un
chiaro riferimento architettonico e artistico che dialoga con il contesto
operativo e sociale della zona boracifera, pensando una architettura di valore
spirituale e culturale nel paesaggio
inquieto in cui sorge. Il maestro elabora i segni tipici di quel paesaggio
industriale e li introduce in modo organico sul territorio sviluppando
equilibrio emozionale e originando il carattere nell’insediamento residenziale
del villaggio industriale di Larderello.
Tutto ciò è
stato possibile grazie al desiderio di equilibrare l’ostilità psicologica
dell’ambiente nella sua realtà, compiendo una profonda riflessione di natura
prettamente organica, usando materiali e colori armonicamente studiati nei loro
accostamenti e collegamenti materici, superando problemi di delicatezza
complessa e risolvendoli coerentemente in aderenza alle necessità dell’uomo
locale.
La
complessità realizzata, nel suo insieme di colore e materia e funzione sociale è
in grado di sviluppare quel senso di accogliente ed umano che è la condizione
primaria del raccoglimento spirituale.
Naturalmente è necessario, come per ogni
architettura, la visita in luogo: l’architettura non la si può leggere solo
teoricamente occorre la verifica concreta e nel caso di questa chiesa soltanto
ma quando ci si trova nella zona boracifera, si è in grado di comprendere la
qualità di questa architettura che se, in questo caso, si rimane sinceramente
perplessi è solo per lo stato di degrado in cui irresponsabilmente versa la
chiesa.
La
nota grave da porgere all’attenzione di tutti, e massimamente agli addetti della
tutela, e delle autorità morali e culturali, è il fatto che oggi la chiesa
versa, specialmente nelle strutture e
nelle vetrate, in un pessimo
stato di conservazione che rischia di compromettere la qualità dell’intera
architettura e del suo messaggio artistico filtrato in una poetica di sincera
matrice organica che oggi richiede urgenti restauri .
Renzo Marrucci Milano, 12-11-2007
Fonte :
si ringrazia l'architetto Renzo Marrucci che ha cortesemente inviato un suo
scritto sull'opera di Giovanni Michelucci alla Redazione del Portale.
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