domenica 21 luglio 2019

PERCHE' FRANK LLOYD WRIGHT ?, di Giuliano Chelazzi



Giuliano Chelazzi

PERCHE' FRANK LLOYD WRIGHT ?


La Casa sulla Cascata - Fallingwater a Bear Run 1934-37 , di Frank Lloyd Wright
 

La visione dell’architettura di Frank Lloyd Wright, come estrema sintesi di spazi in una nuova dimensione, si concretizza nell’articolato ambiente dell’uomo, che finalmente riesce a realizzarsi sulla sua misura, nella completa soddisfazione delle proprie esigenze. Uno spazio fluido, aperto, capace di dilatarsi e contrarsi a seconda delle funzioni specifiche, un microcosmo in cui ogni attributo rientra in un contesto organico e globale, ogni particolare è parte del tutto e il tutto comprende ogni singola parte. Questa nuova concezione del rapporto forma-funzione, che scava nei meandri più reconditi dello spazio per scomporlo e ricomporlo in perfetta armonia con l’essenza dell’individuo, è un atteggiamento rivoluzionario. Forse i popoli primitivi nella loro elementarità espressiva furono in grado di creare uno spazio organico finalizzato alle proprie funzioni. Più aumentano i condizionamenti dell’ambiente circostante, più diminuisce l’aderenza dell’uomo ai valori originali della propria esistenza. Il mondo a cui si contrapponeva il movimento Arts and Crafts era troppo intriso di attributi artificiosi totalmente permeabili alle più disparate influenze eclettiche: l’affermazione degli stili neoclassici, del mondo vittoriano e francese pieno di esteriorità al limite del superfluo, di un mondo in cui l’individuo rischia più di perdersi che di identificarsi. Tali tendenze pervasero sia il mondo americano che europeo.
La visione rivoluzionaria di Wright, che pone di nuovo al centro del mondo architettonico l’individuo, spogliato di tutti gli attributi inutili e i condizionamenti dell’eclettismo, in una sorta di catarsi spirituale che richiama parimenti il tempo in cui l’uomo uscì dalle barbarie derivate dalla disgregazione dell’impero romano e ricostruì una visione architettonica pregna di spiritualità in cui religione ed estetica furono la base feconda per le nuove edificazioni. L’essenzialità strutturale divenne tensione di linee verso l’alto, la pianta metteva radici, il fusto si articolava in rami, le foglie creavano coperture a volta a crociera, ogivali, a carena di nave. L’uomo ritornò protagonista del proprio ambiente architettonico. Il messaggio di tale fermento fu raccolto da Viollet Le Duc, che vide nella tensione delle linee una nuova capacità di aggregazione degli spazi, facilitata dalle illimitate possibilità aperte dalla rivoluzione industriale. L’evoluzione tecnologica veniva per la prima volta vista come apparato al servizio dell’uomo, capace di modificare velocemente le proprie abitudini e quindi il proprio ambiente.
Wright s’inserisce con energia in questo clima di rinnovamento. La presenza martellante delle riproduzioni delle cattedrali gotiche appesa sulle pareti della sua camera, la lettura delle pagine di Victor Hugo su Montmartre, impressero alla sua giovane esistenza nuovi impulsi. Inizia la ricerca di un nuovo ordine nell’ambiente dell’individuo. Iniziò a scavare il sentiero umano in una visione unitaria e corale, in cui l’individuo ritornava a far parte del tutto.
Si può affermare che questa nuova visione dell’ambiente dell’uomo ha un valore universale, perché produrre un ambiente in cui egli possa realizzarsi, provare benessere spirituale, ed esteticamente bello, ha valenze illimitate.
Wright è definito un architetto tipicamente americano. Egli ipotizzò per ogni individuo una dimora su una unità territoriale equivalente ad un acro in un contesto territoriale ampio come quello americano e volle dimostrare che l’idea non era utopia. Una razionale e sistematica riorganizzazione del territorio avrebbe portato addirittura ad una maggiore valorizzazione delle risorse umane nell’ambiente naturale circostante. Le sporadiche torri cosparse nel territorio di Broadacre City sono concentrazioni di attività a tutto vantaggio del territorio che resta incontaminato. La proposta del grattacielo alto un miglio ha un sapore di provocazione: l’uomo si espande senza rispetto della natura, distruggendo tutto ciò che invece è importante per il suo equilibrio, edificando città caotiche e disumane; ecco un progetto che indica come vivere in verticale, lasciando intatto il territorio, occupando con la base del grattacielo una superficie minima per l’esercizio delle proprie attività. La città per assurdo si costituirebbe di tanti grattacieli quanti ne occorrono, e tutto il resto del territorio rimarrebbe libero, a disposizione per l’organizzazione del tempo libero.
Il modello della città orizzontale di Broadacre acquista valore universale e può trovare applicazione in qualunque punto del globo, adattandosi alle singole situazioni ambientali. Obiettivo è il raggiungimento della bellezza dell’abitare dimore che siano esteticamente piacevoli, studiate fino ai minimi dettagli dell’arredo. Per ogni situazione una tipologia particolare.
Tutta la sua attività è una dimostrazione di quanto asserito, perché Wright si sforzò di creare per ogni individuo una dimora diversa, mai una ripetizione.
Sostenendo il valore antropologico della sua architettura ne deriva che in ogni punto del globo l’individuo può trovare la sua adeguata sistemazione. In Europa, in Italia come in Germania, anche nelle città storiche dove tutto è ormai costruito, si può operare a livello di ristrutturazione e riorganizzazione ambientale, ponendo l’accento sulla cura e la bontà della sistemazione interna. I nuovi quartieri trarranno spunto dalle tipologie locali, ma organizzati secondo il modello Broadacre. Quartieri privilegiati o ghettizzati?
Wright stesso, da anima estremamente sensibile, volle creare un’alternativa alle anonime periferie attorno ai congestionati downtown. In Europa i centri storici diventano sempre più agglomerati in cui predomina il turismo di massa che tende a scalzare l’individuo ai limiti dei nuovi quartieri anonimi, caratterizzati da palazzi esteticamente brutti ed alienanti.
Si può concludere che riorganizzando le periferie sul modello wrightiano, l’individuo potrebbe ritrovare la propria dimensione, che è fatta di dimora bella e confortevole anche a basso costo, di spazio verde intorno e di efficienti infrastrutture. Alle soglie dello sfruttamento di energie alternative è legittimo pensare che la mobilità non diventerà più un problema ma anzi un modo intelligente e vantaggioso di comunicare, di creare nuove aggregazioni, di un nuovo modello sociale.







Giuliano Chelazzi

WHY FRANK LLOYD WRIGHT ?


The vision of Frank Lloyd Wright’s architecture, as an extreme synthesis of spaces within a new dimension, materialises in an articulated living space that has finally achieved a truly human dimension and the complete satisfaction of human requirements. It is a fluid, open space that can expand and contract to respond to specific functions, a microcosm in which each attribute comes within an organic and global context, each detail is part of the whole and the whole comprises every individual part. This new concept of the form-function relationship is an absolutely revolutionary attitude: the most recondite meanders of the space are explored, broken up and then recomposed in perfect harmony with the essence of the individual. Perhaps the primitive peoples, in their elementary expressiveness, were able to create an organic space finalised for their own functions. The increase in the conditioning of the surrounding environment has gone hand in hand with the decline in man’s adherence to the original values of his existence. The world that the Arts and Crafts movement was opposing was saturated with artificial attributes, entirely pervious to the most disparate eclectic influences. These comprised the consolidation of Neoclassical styles, of the Victorian and French world flaunting a show of appearance verging on the superfluous, a world in which the individual was more likely to lose than to find himself. These trends pervaded both the American and the European worlds.
Wright’s revolutionary vision once again set the individual – stripped of all the futile attributes and conditionings of eclecticism – at the hub of the architectural universe. He thus wrought a sort of spiritual catharsis that can be compared to the time when man emerged from the barbarities that followed the disintegration of the Roman Empire and reconstructed an architectural vision rife with spirituality in which religion and aesthetics were the fertile foundations of the new buildings. Structural essentiality became a tension of upward lines; the tree sprouted roots, the trunk spread into branches, the leaves burgeoned into cross and ogival vaults and tricuspid ceilings. Man returned to being the protagonist of his own architectural environment. The message of this ferment was taken up by Viollet Le Duc, who saw in the tension of the lines a new capacity for aggregation of the spaces, facilitated by the unlimited possibilities thrown up by the industrial revolution. For the first time, technological evolution was seen as a device at the service of man, something which enabled him to swiftly alter his habits and hence also his surroundings.
Wright energetically entered into this climate of renewal. The insistent presence of reproductions of the Gothic cathedrals on the walls of his room and his reading of Victor Hugo’s pages on Montmartre gave a new slant to his youthful existence. He began the quest for a new order in the environment of the individual. He began to excavate the human path   through a unified and choral vision in which the individual was once again a part of everything.
We can legitimately claim that this new vision of the human environment has a universal value, because generating an ambience in which man can realise himself and achieve spiritual well-being, and that is also aesthetically beautiful, is of immeasurable worth.
Wright is defined a typically American architect. His theory was that, in a territory as vast as America, every individual should have a dwelling set  within a plot of land equivalent to an acre, and he wanted to prove that this idea was not utopian. A rational and systematic reorganisation of the territory would actually have led to a greater valorisation of the human resources in the surrounding natural environment. The sporadic towers scattered over the landscape of Broadacre City are concentrations of activity entirely to the advantage of the landscape, which remains unspoilt. The proposal of the mile-high skyscraper has a touch of the provocative: man expands without respect for nature, paradoxically destroying all that is crucial to his equilibrium, building chaotic and inhuman cities. Hence, a project that shows how we can live vertically, leaving the land intact, with the base of the skyscraper occupying a minimal surface area for the exercise of human activities. Taken to its logical conclusion, the city would be composed of as many skyscrapers as were necessary, and all the rest of the territory would be free, available for the organisation of leisure.
The model of the horizontal city of Broadacre acquires universal value and can be applied in any part of the world, being adapted to the specific environmental conditions. The objective is the achievement of a beauty of dwelling, houses that are aesthetically attractive, scrupulously designed down to the tiniest details of furnishing. A specific type for each kind of person and each situation.
Wright’s entire career is a demonstration of what he claimed, since he always sought to create a home suited to its inhabitants; all his projects were different, never repeated.
Sustaining the anthropological value of Wright’s architecture, the result is that the individual can find the arrangement to suit himself in every corner of the world. In Europe, in Italy as in Germany, even in the historic cities where everything is already built, we can act at the level of renovation and environmental reorganisation, placing the emphasis on a careful attention to the aptness of the interior arrangements. The new districts will take their cue from the local typology, albeit organised in line with the Broadacre model. Privileged districts or ghettoes?
Wright himself, an extremely sensitive soul, wished to create an alternative to the anonymous suburbs that gravitated around congested downtown centres. In Europe, the old city centres are increasingly becoming agglomerations dominated by a mass tourism that tends to force the individual into the outskirts of the new anonymous districts, characterised by aesthetically ugly and alienating buildings.
We could conclude that, by redesigning the suburbs on Wright’s model, the individual might retrieve his own dimension, consisting of an attractive, comfortable and low-cost home, with green areas around it and served by efficient infrastructures. On the threshold of the exploitation of alternative energy sources, it is legitimate to think that mobility would no longer be a problem but rather an intelligent and beneficial mode of communicating, for creating new aggregations within a new social model.



       


FONTE :  Frank Lloyd Wright precursore dell'architettura moderna - La continuità dell'Architettura Organica, di Giuliano Chelazzi, Migliorini Editore, Volterra, 1997.  (pag. 9-11). 
Libro stampato in occasione della Esposizione "Frank Lloyd Wright precursore dell'architettura moderna" svoltasi a Villa Palagione, Volterra, dal 29 settembre all'11 novembre 2007.
Per contattare l'Autore Giuliano Chelazzi , architetto e Presidente dell'Associazione Amici di Frank Lloyd Wright , e-mail: giuliano.chelazzi@libero.it  















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