domenica 11 dicembre 2022

Rolando Scarano: Il processo generativo organico dell'architettura, di Carlo Sarno


Rolando Scarano: Il processo generativo organico dell'architettura

di Carlo Sarno

Arcosanti, Arcologia di Paolo Soleri

Rolando Scarano scrive nel suo testo fondamentale per una rifondazione scientifica, umana e organica dell'architettura "Processi di Generazione della Configurazione Architettonica": "...Affinché l'oggetto/progetto soddisfi i bisogni, quali sostanza del suo essere architettura, del suo farsi spazio delle attività umane, la pratica dell'architettura deve poter rispondere all'esigenza di una teoria, quale definizione di una idea, e di un processo conseguente, compatto, coerente ed inclusivo di tutti gli attributi e le caratteristiche della pratica scientifica... Il processo di produzione dello spazio architettonico sussume il processo di costruzione della forma architettonica e in questo realizza il principio della trasformazione, che è coscienza del dinamismo e del progresso della conoscenza scientifica ed acquisizione dei valori significanti dei comportamenti e delle espressioni ...".

Rolando Scarano è un teorico e metodologo dell'architettura italiana contemporanea di altissima levatura culturale che ha operato una vera rivoluzione copernicana nel modo di concepire l'architettura; è stato allievo di Giovanni Michelucci, da cui comprende la lezione dell'umanizzazione dell'architettura, è paragonabile alla figura storica di Leon Battista Alberti ma, purtroppo, è incompreso e quasi sconosciuto agli architetti di oggi (è la solita storia che si ripete per chi ha idee geniali!).

Ma vediamo ora le analogie con il famoso architetto e teorico del Rinascimento italiano. In sintesi, si legge sul Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica, diretto da Paolo Portoghesi: "Leon Battista Alberti ... alla eredità degli antichi come strumento di riconquista della razionalità del fare architettonico... sostituisce il proposito di "superare gli antichi" ... Frutto di un impegno intellettuale vastissimo, che spazia dalla letteratura alla filosofia, alla riflessione morale, l'architettura albertiana acquista il valore di "filosofia pratica", in cui si esaltano le più alte qualità umane e rifluiscono i frutti di una meditazione etica ed estetica per cui il "fare" si identifica con il "conoscere"... Il problema centrale affrontato dall'Alberti è quello di stabilire i fondamenti di un linguaggio capace di riassorbire le esperienze divergenti ...".

Per Rolando Scarano si tratta oggi di rifondare l'architettura su di un nuovo modello simbolico, non più statico ma dinamico: "Il Processo Generativo dell'Architettura", con al centro l'uomo sia come individuo particolare che come essere sociale. Non più un "fare" architettura astratto e separato dalla vita, ma strettamente legato ai bisogni naturali, sociali e spirituali dell'uomo, alla ottimale espressione della sua completa umanità in uno spazio esistenziale organico completamente idoneo al suo sviluppo, alla sua trasformazione, alla sua libertà.

Con l'idea del processo generativo come base e fondamento della configurazione architettonica si ribalta tutta l'ottica ancora puro-visibilista della gran parte della pratica architettonica di oggi. Non più l'oggetto feticistico e artistico come risultato di un'architettura cristallizzata e legata a stili, seppure indicatori di una pseudo-libertà, frutto di una concezione dell'architettura lontana dalla vita reale.
Il grande iconologo Erwin Panofsky, rifacendosi alla teoria delle "forme simboliche" di Ernst Cassirer e applicandola alle arti figurative, scrive nel suo libro "La prospettiva come forma simbolica" che l'invenzione della "prospettiva" come modo nuovo di vedere la realtà ha condizionato ed espresso una tendenza generale ed essenziale della mente umana dell'epoca rinascimentale.
Oggi, con la "teoria dei processi generativi della configurazione architettonica" formulata negli anni ‘70/'80 da Rolando Scarano, con la particolare collaborazione della moglie Antonietta Piemontese, abbiamo la nascita di una formulazione sistematica di un nuovo modo di cogliere la realtà e di conseguenza l'essenza del fare architettura oggi, la nascita del "processo generativo" come nuova forma simbolica dell'architettura.

Scrive Scarano: "...il problema centrale di una semiologia dell'architettura... risiede... nella spiegazione coerente ed esauriente del processo di trasformazione dei bisogni e delle intenzioni semantico-referenziali espressi da un certo sistema sociale, in una forma ad essi congruente... una corrispondenza profonda tra il processo di generazione delle strutture significanti di una lingua, delle strutture di un sistema di pensiero e di espressione, e il processo di costruzione della forma architettonica... ". E Paolo Portoghesi nel suo libro "Le inibizioni dell'architettura moderna" dice a proposito: "...possibilità che si riscontra in opere lontanissime nel tempo e nello spazio, ma legate da una sotterranea continuità, di esprimere un processo che si svolge nel tempo...".
Nello sviluppare la sua concezione tipologica dell'architettura, Aldo Rossi dice, nel suo famoso libro... "L'architettura della città": "...Io penso quindi al concetto di tipo come a qualcosa di permanente e di complesso, un enunciato logico che sta prima della forma e che la costituisce... il tipo è dunque costante e si presenta con caratteri di necessità... il tipo è l'idea stessa dell'architettura; ciò che sta più vicino alla sua essenza. E quindi ciò che, nonostante ogni cambiamento, si è sempre imposto "al sentimento e alla ragione", come il principio dell'architettura e della città...".

Con la nuova teoria e metodologia di Rolando Scarano i termini sono completamente ribaltati: il divenire, la trasformazione, il processo generativo organico diviene la costante. In altri termini, l'invariante è il mutamento generativo come fondamento della vita dell'architettura.

Tale concezione della rilevanza del mutamento e del divenire pone l'architettura scientifica (nel senso moderno del termine) di Scarano all'interno del paradigma dell'architettura organica, dove, a dire di Frank Lloyd Wright e del suo famoso allievo Paolo Soleri, l'arte e la scienza convergono per la realizzazione di un'architettura intensamente derivata dalla vita, dove il processo realizzativo ed esistenziale dell'uomo è il fondamento. Inoltre il processo generativo della configurazione architettonica postulato da Scarano converge sul principio di Wright e anche di Giovanni Michelucci, e cioè che la vera architettura organica, quella realmente legata alla vita, non ha stile ma è sempre legata alla diversità del sistema complesso ambiente-tempo-uomo e, quindi, ai suoi bisogni specifici. L'architettura secondo Scarano si genera dall'interno all'esterno, seguendo strettamente il principio fondamentale dell'architettura organica. Alcuni esempi applicativi di tale teoria sono riscontrabili nelle opere di architettura realizzate dallo studio Sarno Architetti. In particolare Carlo Sarno (autore dell'articolo) ha sviluppato nel libro "Arte, tempo e simulazione" la teoria dei processi generativi applicata all'arte e alla struttura antropologico-simbolica del tempo per una liberazione sovrastorica della creatività dell'uomo.
Un altro momento rilevante della teoria dei processi generativi in architettura è la possibilità di "azzeramento", vedasi Bruno Zevi sul linguaggio moderno dell'architettura, che viene compiuta nella fase iniziale del processo progettuale. In altre parole, non esistono forme o tipi già preconfezionati, ma tutto parte dai bisogni e dai comportamenti delle persone che dovranno abitare quel particolare ambiente e che originano un particolare processo progettuale che genererà una particolare e differenziata ed originale architettura. Diceva Bruno Zevi parlando del suo metodo storiografico: "...l'attenzione va concentrata più sul processo che sul risultato...".

Scrive Scarano: "...L'atteggiamento limitato, empirico e pragmatico, spesso presente nel lavoro dell'architetto, che tende a definire una "teoria", post festum, partendo dalla base delle sue peculiari esperienze e delle sue naturalmente limitate conoscenze metodologiche, è stato gradualmente sostituito da una impostazione scientifica sempre meno empirica, orientata alla caratterizzazione di un approccio al problema della progettazione che fosse chiaramente esplicitato e deduttivamente controllabile... Il singolo atto progettuale è legato al processo di costruzione del pensiero, dell'idea, della conoscenza, della forma del contenuto correlata alla sua corrispondente sostanza, di una determinata configurazione architettonica: quest'ultima risulta dunque una totalità (testo) che l'operatore deve comprendere e spiegare operando attraverso l'analisi e la sintesi e utilizzando strumenti concettuali specifici il più possibile adeguati... Ma ogni progettazione è anche un processo di simbolizzazione, di rappresentazione di un concetto attraverso un mezzo materiale, di certe proprietà e di certe informazioni registrate in un substrato (concettuale), ad un altro (sensibile). Gli strumenti dell'operatore dovranno dunque consentire l'interpretazione, la rappresentazione e la comunicazione delle operazioni del processo di progettazione e dei loro prodotti. La correlazione tra "struttura profonda" di una configurazione, cioè del modello di organizzazione comportamentale e referenziale corrispondente ad un determinato sistema di bisogni, ed una "struttura superficiale", scelta in una classe praticamente infinita di possibili alternative, supporto delle qualità sensibili e veicolo "significante" di tutte le informazioni inerenti al processo di costruzione della forma, assume un valore peculiare, perché è in tale correlazione che risiede il "rapporto di significazione" della forma architettonica, il significato culturale, sociale, economico, artistico e scientifico della configurazione e del suo processo di generazione... Solo in tale reciproca relazione di corrispondenza e di adattamento è possibile intendere i principi, le intenzioni, l'effetto (nel senso dell'efficacia della retorica) e l'adeguatezza al contesto ambientale, sociale, fisico-naturale e costruito, che l'operatore-architetto e la comunità intendono realizzare nel progettare una determinata configurazione... La costruzione di un adeguato modello del processo di costruzione della forma architettonica diviene dunque la premessa di qualsiasi pratica progettuale...".

Nel pensiero dell'architettura organica-scientifica di Rolando Scarano, che si sviluppa dall'interno all'esterno, è gia implicita la connessione dell'architettura con la rivoluzione informatica, un'architettura vista in maniera sistemica mediante metodi di simulazione, modellizzazione e rappresentazione configurazionale con ampio utilizzo di computer e CAD. Il discorso critico attuale di Antonino Saggio sulla "IT Revolution", sull'importanza delle conseguenze della rivoluzione informatica per l'architettura, trova nella teoria dei processi generativi di Scarano la sua radice culturale, scientifica e organica. Infatti per Antonino Saggio la simulazione e la metaforizzazione dell'architettura sono momenti cardini della rivoluzione architettonica-informatica di oggi.

Concludendo, qui si è voluto soltanto introdurre per grandi linee la importante e rivoluzionaria teoria e metodologia architettonica elaborata da Rolando Scarano (1941, architetto e professore alla Facoltà di Architettura dell'Università di Napoli) che ha il suo sviluppo centrale nel libro "Processi di generazione della configurazione architettonica", fondamentale per un nuovo modo di vedere e comprendere l'architettura. La teoria fondata sui bisogni reali dell'uomo che lega l'architettura intensamente alla vita, tra le migliori che la cultura architettonica italiana abbia mai prodotto, culmina nell'ipotesi di una grammatica trasformazionale del processo di progettazione che amplifica notevolmente le potenzialità di messaggio di un progettista che si trova oggi ad operare in un mondo molto più complesso e pluralistico.


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Fonte : articolo pubblicato sul portale web BUILDLAB nel 2002  http://buildlab.it/rolando-scarano-il-processo-generativo-organico-dell-architettura.html

sabato 26 novembre 2022

L’ornamento in architettura, di Louis Henry Sullivan



L’ORNAMENTO IN ARCHITETTURA

di Louis Henry Sullivan


 


Mi pare evidente che un edificio, anche se privo di ornamenti, possa trasmettere un sentimento nobile e degno in virtù della sua massa e proporzione. Non trovo affatto evidente, invece, che l’ornamento riesca di per sé ad accrescere queste qualità elementari. Perché, allora, dovremmo usare l’ornamento? Non basta una dignità nobile e semplice? Perché dovremmo pretendere di più?
Francamente, credo che avremmo un grande vantaggio estetico se ci astenessimo del tutto dall’usare l’ornamento per qualche anno, per concentrarci al meglio sulla produzione di edifici ben fatti e piacevoli nella loro nudità. In tal modo saremmo tenuti a evitare molte cose sgradevoli, rendendoci conto, in compenso, di quanto sia utile pensare in modo naturale, vigoroso e sano. Ciò fatto, potremmo tranquillamente indagare in che misura l’applicazione decorativa dell’ornamento accresca la bellezza delle nostre costruzioni, e quale nuovo fascino dia loro.
Prese come base di partenza le forme pure e semplici, la visione che ne avremo sarà completamente diversa; istintivamente ci asterremo dal vandalismo; eviteremo di fare qualunque cosa possa rendere queste forme meno pure, meno nobili. Del resto, avremo imparato che l’ornamento è un lusso mentale, non una necessità, dopo aver compreso sia i limiti sia il grande valore delle masse disadorne. In noi c’è il romanticismo, e aneliamo ad esprimerlo. Intuiamo che le nostre forme forti, atletiche e semplici vestiranno con naturale scioltezza gli abiti che sogniamo, e che i nostri edifici, così drappeggiati di immaginazione poetica, così rivestititi di prodotti scelti del telaio e della miniera, raddoppieranno la loro forza di attrazione, come una melodia sonora rivestita di voci armoniose.
Penso che un vero artista ragionerà sostanzialmente in questo modo, e che, al culmine delle sue possibilità, riuscirà a realizzare questo ideale. Credo che l’ornamento architettonico prodotto in questo spirito sia desiderabile perché bello e illuminante e che, invece, l’ornamento prodotto con altro spirito manchi alle sue potenzialità più alte.
In altre parole, un edificio che è una vera opera d’arte (qui non ne considero altri) è, per sua natura, essenza e costituzione fisica, un’espressione emotiva. Se è così, e sento profondamente che è così, allora deve, quasi letteralmente, avere una vita. Deriva da tale principio vitale che una costruzione ornata dovrebbe caratterizzarsi qualitativamente per un unico impulso emotivo, che scorre armoniosamente in tutte le sue diverse forme d’espressione – delle quali la massa-composizione è la più profonda, l’ornamentazione decorativa la più intensa. Ma tutte e due devono scaturire dalla stessa fonte emotiva.
So benissimo che un edificio decorato, progettato secondo questo principio, esigerà dal suo creatore un’alta e prolungata tensione emotiva, un’unità organica di idea e scopo mantenuta fino alla fine. Il lavoro ultimato ne sarà l’espressione; e se sarà stato progettato con sufficiente profondità di sentimento e semplicità di intenti, quanto più intenso sarà il fervore con cui fu concepito, tanto più nobile e sereno esso resterà per sempre, monumento all’eloquenza dell’uomo. E’ questa la qualità che caratterizza i grandi monumenti del passato. Ed è certamente la stessa che apre una prospettiva per il futuro.
A mio modo di vedere, tuttavia, la massa-composizione e il sistema decorativo di una costruzione, così come ne ho accennato, si dovrebbero poter separare l’una dall’altro solo in teoria e ai fini di uno studio analitico. Credo, come ho già detto, che si possa progettare un edificio bello ed eccellente senza il minimo ornamento; ma sono anche convinto che una costruzione decorata, concepita armoniosamente, ben ponderata, non possa essere spogliata del suo sistema d’ornamento senza distruggerne l’individualità.
Finora è andato di moda parlare di ornamento, forse in modo fin troppo superficiale, come una cosa da aggiungere o togliere a seconda dei casi. Io sono di avviso opposto – la presenza o l’assenza dell’ornamento dovrebbero essere stabilite, in un lavoro serio, fin dall’inizio del progetto. La mia insistenza potrebbe sembrare esagerata, ma la giustifico e la rimarco col fatto che l’architettura creativa è un’arte così raffinata che il suo potere si manifesta in ritmi di straordinaria sottigliezza, proprio come quelli dell’arte musicale, sua parente più prossima.
Se, dunque, i nostri ritmi artistici – un effetto – devono essere significativi, anche le riflessioni che li precedono – la causa – devono esserlo. E’ allora estremamente importante stabilire quale sia l’inclinazione originaria della mente, proprio come è importante l’inclinazione di un cannone quando viene esploso il colpo.
Se partiamo dall’idea che l’edificio a cui pensiamo non debba essere opera di un’arte vivente, o quantomeno sforzarsi di esserlo, e che la nostra civiltà non esiga niente del genere, la mia pretesa non ha senso. Posso procedere solo supponendo che la nostra cultura sia progredita fino allo stadio in cui un’arte imitativa o evocativa non soddisfi del tutto, e che ci sia un effettivo desiderio di espressione spontanea. Penso anche che dobbiamo cominciare non chiudendo occhi ed orecchie a un passato ineffabile ma, invece, aprendo i cuori, con partecipazione illuminata e rispetto filiale, alla voce dei nostri tempi.
Non è questo né il luogo né il tempo per chiedersi se, dopo tutto, esista realmente qualcosa di simile all’arte creativa – se un’analisi finale non riveli il grande artista, non come creatore ma piuttosto come interprete e profeta. Quando verrà il momento in cui una simile indagine sarà non più un lusso ma una seria necessità, la nostra architettura si sarà avvicinata allo stadio finale di sviluppo. Mi limiterò quindi a dire che, a mio avviso, un’opera d’arte deve essere appunto questo: un manufatto di un certo interesse, che l’osservatore casuale può vedere in parte, ma nessun osservatore completamente, nella sua interezza.
Sia chiaro che un motivo ornamentale sarà più bello se sembrerà far parte della superficie o della materia che lo accoglie anziché sembrare, per così dire, “appiccicato”. Si capirà a prima vista che nel primo caso c’è una particolare sintonia tra l’ornamento e la costruzione che è assente nel secondo. Sia la costruzione sia l’ornamento ovviamente beneficiano di questa sintonia; ciascuno accresce il valore dell’altro. E questa, penso, è la base preparatoria di ciò che si può definire un sistema organico di ornamentazione.
L’ornamento, in realtà, viene applicato nel senso di essere inciso o intagliato, o realizzato in qualche altro modo: dovrebbe però apparire, una volta completato, come se fosse promanato dalla sostanza stessa del materiale, grazie all’intervento esterno di un qualche fattore favorevole, e esistesse con lo stesso diritto di un fiore che appare tra le foglie di una pianta che l’ha generato.
Ora, con questo metodo stabiliamo una sorta di contatto, e lo spirito che anima la massa è libero di fluire all’interno dell’ornamento – non sono più due cose ma una sola.
Ad osservare le cose in modo profondo ed attento, è evidente che se desideriamo garantire una reale, poetica unità, l’ornamento dovrebbe apparire non come qualcosa che accoglie lo spirito della costruzione, ma come una cosa che esprime quello spirito in virtù di una crescita differenziale.
Ne consegue allora, per la logica della crescita, che un certo tipo di ornamento dovrebbe apparire su un certo tipo di costruzione, esattamente come un certo tipo di foglia apparire su un certo tipo di albero. Una foglia di olmo non “starebbe bene” su un albero di pino – un ago di pino apparirebbe più “in accordo”. Così, un ornamento o uno schema di decorazione organica adeguato a una costruzione creata basandosi su linee spesse e massicce non sarebbe in sintonia con una costruzione delicata e raffinata. Né i sistemi ornamentali di edifici di generi in qualche modo differenti dovrebbero essere intercambiabili tra loro. Gli edifici dovrebbero possedere un’individualità tanto marcata quanto quella che esiste tra gli uomini, e che li rende distintamente separabili l’uno dall’altro, per quanto forte possa essere la somiglianza razziale o familiare.
Ognuno sa e sente quanto fortemente individuale sia la voce di ciascun uomo, ma pochi si fermano a considerare che una voce, anche se di altro tipo, parla da ogni edificio esistente. Qual è il carattere di queste voci? Sono stridule o gradevoli, nobili o umili? Il discorso che pronunciano è prosa o poesia?
Una mera differenza nella forma esteriore non costituisce individualità. Per questo è necessario un armonioso carattere interiore; e come parliamo di natura umana, per analogia possiamo applicare un’espressione simile agli edifici.
Una rapida indagine consentirà immediatamente di discernere e apprezzare le più manifeste individualità degli edifici; un’ulteriore indagine, e un raffronto delle impressioni, porterà a vedere forme e qualità in un primo momento nascoste; un’analisi ancora più profonda fornirà una miriade di nuove sensazioni, suscitate dalla scoperta di qualità sinora insospettate – abbiamo trovato prove del dono dell’espressione e ne abbiamo avvertito l’importanza; la gratificazione mentale ed emotiva causata da queste scoperte porta a indagare sempre più in profondità, finché non ci rendiamo conto che, nelle grandi opere, ciò che era evidente era il meno e ciò che era nascosto era quasi tutto.
Pochi lavori possono reggere la prova di una rigorosa, sistematica analisi – e si esauriscono in fretta. Ma nessuna analisi, per quanto simpatetica, insistita o profonda, può esaurire un’opera d’arte veramente grande. Infatti le qualità che la rendono grande non sono solo mentali, ma psichiche, e denotano pertanto la più alta espressione e incarnazione dell’individualità.
Ora, se questa qualità spirituale ed emotiva è un attributo nobile quando risiede nella massa di un edificio, non appena la si applica ad un virile e sintetico schema di ornamentazione, essa deve innalzarlo dal livello della trivialità alle altezze dell’espressione drammatica.
Le possibilità dell’ornamentazione, così considerate, sono meravigliose; aprono davanti ai nostri occhi, come un panorama, concezioni così ricche, così varie, così poetiche, così inesauribili che la mente indugia nel suo volo e la vita non è che un breve intermezzo.
Risplenda ora la luce di questa concezione, piena e libera, sulle considerazioni congiunte di massa e composizione, e quanto seria, eloquente, ispiratrice è l’immaginazione, tanto è nobile la drammatica forza che renderà sublime la nostra architettura futura.
L’America è il solo paese in tutta la terra dove un sogno come questo può essere realizzato; infatti solo qui la tradizione è senza catene e l’anima dell’uomo è libera di crescere, di maturare, di cercare ciò che le è proprio.
Ma per questo dobbiamo rivolgerci di nuovo alla Natura e, ascoltando la sua voce melodiosa, imparare, come fanno i bambini, l’accento delle sue ritmiche cadenze. Dobbiamo guardare il sorgere del sole ambiziosamente, il crepuscolo malinconicamente; poi, quando i nostri occhi avranno imparato a vedere, capiremo quanto è grande la semplicità della natura, che serenamente produce questa infinita variazione. Da ciò impareremo a considerare l’uomo e i suoi modi, fino a contemplare il dispiegarsi dell’anima in tutta la sua bellezza, consapevoli che la fragranza di un’arte viva si spande nuovamente nel giardino del nostro mondo.


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Sullivan pubblicò L'ornamento in architettura [Ornament in Architecture] sulla rivista Enginering Magazine nel 1892, cioè nel quarto centenario della scoperta dell'America, mentre fervevano i preparativi per la World's Columbian Exposition, l'esposizione internazionale prevista per l'anno successivo a Chicago. L'articolo figura nella raccolta completa degli scritti teorici editi in vita dall'architetto: L. Sullivan, The Public Papers, Chicago, Chicago University Press, 1988.

sabato 9 aprile 2022

Antoni Gaudi, La Pedrera. A masterpiece of nature


ANTONI GAUDI: La Pedrera, a masterpiece of nature To contemplate nature and all its details is to discover a fantastic world. La Pedrera is not a building made of columns, staircases, walls and ceilings, it is a natural creation, with landscapes inhabited in other times by prehistoric creatures and leafy plants. Every corner of the building conceals a living past which we can still enjoy today. +Info: https://www.lapedrera.com/en

giovedì 17 febbraio 2022

TALIESIN INSTITUTE F.L. Wright Foundation

 

‎FRANK  LLOYD  WRIGHT‎  FOUNDATION


‎" TALIESIN INSTITUTE "‎


Taliesin a Spring Green Wisconsin

La Frank Lloyd Wright Foundation è lieta di annunciare il lancio del Taliesin Institute, un sistema di programmi per promuovere i principi dell'architettura organica, il nucleo del lavoro di Frank Lloyd Wright.

Il Taliesin Institute è una nuova iniziativa della Frank Lloyd Wright Foundation, incentrata sullo sviluppo di istruzione, sensibilizzazione e informazioni a studenti di architettura e design, professionisti del design nuovi e affermati e al pubblico più ampio interessato a conoscere i principi, la storia e il futuro dell'architettura organica. Quei principi, che hanno costituito il fulcro del lavoro di Frank Lloyd Wright, sono oggi più rilevanti che mai e non sono rappresentati solo negli edifici e nei progetti di Wright: sono di vasta portata e non correlati a nessun particolare stile di costruzione, geografia, o materiale. Ancora più importante, questi principi si stanno evolvendo per rispondere alle mutevoli esigenze del nostro mondo: cambiamenti climatici e sostenibilità, sviluppo culturale ed economico,


Frank Lloyd Wright in Studio nel 1949 a Taliesin West.

Nei prossimi mesi, la leadership del Taliesin Institute elaborerà il piano strategico per il nostro lavoro e poi annuncerà programmi specifici non appena saranno pronti per essere online. Ci aspettiamo di iniziare con programmi piccoli e mirati che possono essere perfezionati e ampliati in base alle opportunità. Queste esplorazioni includono l'organizzazione di un consorzio di scuole di architettura e professionisti per studiare nei due campus di Taliesin, Taliesin a Spring Green Wisc. e Taliesin Ovest a Scottsdale, Arizona, con una particolare attenzione al lavoro pratico in linea con l'insistenza di Wright sull'imparare facendo. Creeremo anche lezioni pubbliche, simposi e workshop che riflettano la natura in evoluzione dei principi di progettazione organica di Wright e la loro rilevanza per il modo in cui viviamo ora e in futuro.

Taliesin Ovest a Scottsdale, Arizona



‎Jennifer Grigio‎

Per guidare questi programmi, la Fondazione ha ingaggiato Jennifer Gray, Ph.D. , una nota studiosa di Wright che di recente è stata curatrice dei disegni e degli archivi presso la Avery Architectural & Fine Arts Library della Columbia University. Il dottor Gray era responsabile degli archivi della Frank Lloyd Wright Foundation, che contenevano più di un milione di elementi tra cui disegni, scritti e fotografie di Wright. Il dottor Gray è anche professore assistente aggiunto presso la Graduate School of Architecture, Planning and Preservation della Columbia e ha insegnato alla Cornell University e al Museum of Modern Art (MoMA). Il dottor Gray è stato anche co-curatore della mostra del MoMA Frank Lloyd Wright: Unpacking the Archive. Oltre alla sua esperienza sul lavoro di Wright, la ricerca della dottoressa Gray esplora il modo in cui i designer, in particolare Dwight Perkins e Jens Jensen, hanno utilizzato architettura, città e paesaggi per promuovere la giustizia sociale e spaziale all'inizio del XX secolo. Si interessa anche alla pratica sociale contemporanea, alla pratica curatoriale, alla storia delle mostre di architettura e alle questioni del patrimonio critico.

Se sei interessato a essere coinvolto nel lavoro del Taliesin Institute, o per saperne di più sui nostri programmi mentre si sviluppano, compila il modulo "Contattaci" in fondo alla pagina web  https://franklloydwright.org/announcing-the-taliesin-institute/   e informaci del tuo interesse per questo lavoro in modo che noi possiamo contattarti.

Frank Lloyd Wright Foundation

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Fonte : https://franklloydwright.org/

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