lunedì 19 agosto 2024

PRINCIPI DELLA ARCHITETTURA ORGANICA, di Frank Lloyd Wright



Frank Lloyd Wright 




PRINCIPI
DELLA ARCHITETTURA ORGANICA  

 

" TESTAMENTO "

LIBRO SECONDO - L'architettura nuova
Parte prima : Principi



I. LA LINEA DELLA TERRA

Giungiamo, infine, all'analisi dei principi che tanto saldamente si sono costituiti a base della mia visione e della mia professione di architetto. Come agiscono questi principi, in cui soltanto oggi si comincia a riconoscere la via maestra della democrazia americana ?

Primo principio: PARENTELA DELL'EDIFICIO COL SUOLO.  Questa fondamentale, inevitabile esigenza configura nell'architettura organica un senso delle proporzioni completamente nuovo. La figura umana mi si rivelò, verso il 1903 e anche prima, come la vera base della scala umana nell'architettura. Gli edifici che progettai e costruii a quel tempo nel Midwest si manifestarono, per mezzo di nuova scala, come specificatamente appartenenti all'uomo e al momento che l'uomo viveva sull'ondulata prateria del West. Mi dovetti accorgere ben presto che ogni pollice in altezza risultava esaltato nella prateria; mentre ogni larghezza appariva come inadeguata. Perciò, in larghezza, lunghezza, altezza e peso, questi edifici appartennero alla prateria, esattamente come gli apparteneva l'essere umano stesso, col suo potere di velocità. Il termine "streamlined", aerodinamico, nel senso che io gli diedi, nacque allora e in quei luoghi.
Ne derivò che i nuovi edifici furono razionali: bassi, svelti e netti, e con ogni studio adattati ai metodi meccanici. La linea orizzontale, serena e intuitiva - che sempre sarà la linea del possesso umano della terra - era, in tal modo, umanamente interpretata e accordata all'uso dei mezzi meccanici. I metodi meccanici e questi inediti effetti aerodinamici, svolti sul piano orizzontale, apparvero insieme per la prima volta nell'architettura americana, espressione di metodi nuovi per raggiungere fini veri nell'edificare. L'obiettivo principale era quello di una grazia e appropriatezza dell'architettura come arte, rispetto al Tempo, al Luogo e all'Uomo moderno.
Ora, cos'è la composizione organica ?  E' una composizione rispondente agli strumenti moderni, le macchine, e a questa nuova scala umana. Pertanto la composizione era pienamente padroneggiata dalla mano creativa dell'architetto, se la sua mente era aperta a ricevere questi valori relativamente nuovi: dinamica percezione della nostra epoca e sforzo umile d'intendere la " natura della Natura ".  La natura della macchina, studiata sperimentalmente e usata integralmente nella composizione strutturale, doveva limitarsi a mero strumento, e si dimostrò un mezzo espressivo potente e nuovo. In breve tempo gli edifici manifestarono semplicità e bellezza, fresca esuberanza di contenuto. Originalità.
Mai ho tollerato che la macchina divenisse, in sé, causa efficiente: sempre la macchina al servizio dell'uomo, e mai viceversa. Sempre, nell'architettura organica, ho adoperato la macchina e ho sviluppato un sistema costruttivo che procedeva dall'interno all'esterno, accordando sempre l'edificio alla natura sia dell'uomo che della macchina, come io la vedevo, ed evitando gli effetti effimeri che al giorno d'oggi caratterizzano l'edilizia urbana. Nella macchina trovai un mezzo migliore di essi, per accrescere l'interesse della gente all'architettura moderna. E, dal punto di vista dello stile, mai ho considerato la macchina fine a se stessa, né dal punto di vista urbanistico, né da quello architettonico, né da quello dello stile. La quantità non ha travolto mai la qualità.

IL MODULO DEL KINDERGARTEN :  L'educazione del Kindergarten, come ho detto, si dimostrò un'impreveduta fonte di ricchezza; in primo luogo perché più tardi tutta la mia attività compositiva si imperniò su un opportuno sistema modulare e proporzionale. Mi accorsi che esso avrebbe mantenuto ogni cosa alla propria scala , avrebbe assicurato un'armonica proporzionalità a tutto l'edificio , grande o piccolo , che in tal modo sarebbe divenuto - come un arazzo - un tessuto coerente di unità interdipendenti , e sempre in relazione l'una all'altra , per quanto varie.
Perciò, fin dall'inizio applicai questo sistema di "tessitura" anche nella progettazione di edifici minori. Scoprii più tardi che il sistema offriva vantaggi tecnologici, quando era applicato in altezza. In sezione, dunque, presto adottai il modulo verticale, come l'esperienza mi dettava. Tutto ciò rassomigliava molto al porre l'ordito sul telaio. La trama edilizia - la materia - era praticamente la stessa se si stendeva su quest'ordito predeterminato. Questo procedimento fondamentale si dimostrò indispensabile; e una buona tecnica meccanica deve fruttare i suoi vantaggi. Essa appare invariabilmente, nell'architettura organica, come un tratto caratteristico visibile nel tessersi della composizione, garantendo così l'unità proporzionale. In tal modo l'armonia della tessitura si riscontra, unitamente alla scala di tutte le singole parti dell'edificio, nell'effetto complessivo del suo insieme.


II. IMPULSO ALLA CRESCITA

Secondo principio: DECENTRAMENTO.  Il tempo di una maggiore disponibilità di spazio per ogni singolo individuo era giunto da un pezzo.  !893: vidi che il decentramento urbano era inevitabile : era una necessità di crescita , perché la crescita cercava spazi nuovi , comunque e dovunque potesse trovarli. Lo spazio soffocava per mancanza di respiro, asfissiava, in una situazione che costituiva una limitazione vergognosa della libertà della vita americana. Allora come oggi, lo speculatore fondiario, col suo "lotto", era nemico dello spazio; di solito era affaccendatissimo ad aggiungere limite a limite, ammassando la mandra e sfruttando il terreno per ottenere rapidi profitti. E l'intollerabile concorrenza, che di questo passo si aggiungeva con tutto il suo peso alla grande città, spogliava i villaggi. Allora la verticalità pletorica divenne congestione: vale a dire si aggiunse al congestionamento già prodottosi al livello del suolo.
Per controbilanciare l'insensatezza di questo procedere disumano, nel 1932 preparai a Taliesin i modelli di Broadacre City.  Tali modelli proponevano un concetto spaziale nuovo, ad uso dell'edilizia individuale e comunitaria: un uso sociale. Ma tutto l'impianto si attagliava allo stato vigente della proprietà fondiaria. Sebbene i centri abitati venissero conservati, se ne proponeva un nuovo sistema distributivo.
Più tardi questo modello di un uso più ampio del suolo, per l'idea inedita di una città nuova, venne studiato accuratamente in dettaglio in una serie di modelli minori da esso derivanti, tutti descritti in When Democracy Builds (Quando la democrazia costruisce), un libro che scrissi più tardi per suggerimento di robert Hutchins.  Edifici, strade, alberi, abitazioni, agricoltura, decorazione, tutto diveniva architettonico come nell'Umbria del Medioevo; qualità antiche in forma moderna per il tempo moderno, considerate sotto il profilo dell'utilità per l'uomo moderno.  Così dilatato, il concetto di architettura come fattore fondamentale al servizio della società contemporanea, si propose quale fattore di sollievo, ed offrì l'anticipazione di una forma primaria, che era in grado di affrontare la legge del mutamento inevitabile.
Perciò la quantità - di cui la macchina era fonte - mai, in nessun luogo, in nessun modo doveva usarsi per soffocare la qualità delle nuove risorse per l'umana utilità e piacere di vivere.  Vivere doveva essere una qualità dello spirito umano.
La scienza, quest'immensa risorsa pratica, rivelava ormai il proprio invecchiamento e ingigantiva il sacrificio potenziale dell'uomo asservito - il che oggi vale quanto l'integrale distruzione della democrazia. Congestionato nelle città da mezzi meccanici sempre più grandiosi, allo scopo di evitare la fatica, l'uomo doveva assolutamente ricevere una nuova libertà. Il piano paesistico di Broadacre City era composto e legato entro un utile, mutua relazione con le nuove risorse della vita umana, sotto l'egida di una libertà garantita, nostra se solo avessimo voluto estenderla e impadronircene.
In questo piano per una comunità di tipo nuovo (che portava ancora il nome di città) inevitabile per la sopravvivenza dell'individualità umana, era manifesta una giusta, ispiratrice continuità.  Ma ho imparato che uno schema nuovo non può mai essere tratto dall'antico: se ne può trarre solo un palliativo e subito si dimostra inefficace.  Questi primi modelli per Broadacre City, che ancora si trovano a Taliesin, vennero esposti al Rockefeller Center, a New York, nel 1934, e da allora molte altre volte in diversi luoghi del nostro paese ed all'estero.  Nonostante l'AIA ed i critici, questo plastico completo, nuovo per concezione ed impianto, che manifestava una vita nuova, quella dell'urbanismo rurale e dell'agricoltura urbana , virtualmente le nozze tra città e campagna, riapparve per girare il mondo nella mostra "Sessant'anni di Architettura vivente"...


III.  IL CARATTERE E' FATTORE INTRINSECO

Terzo principio:  Ogni architettura organica ha come componente inevitabile un suo " carattere " , definito e appropriato . Il significato di qualsiasi edificio dovrebbe esprimere esplicitamente il suo fine , il suo contenuto : magazzino , casa d'appartamenti , banca , chiesa , albergo , club , fabbrica , circo o scuola. Come esigenza qualificatrice fondamentale, il carattere dovrebbe appartenere ad ogni edificio, esser presente nella pianificazione urbanistica, e, specialmente , applicarsi in relazione alla vita umana ed al luogo ove essa si svolge.  Ciò significa una sana rispondenza della composizione, che nasce dalla fantasia, ai fini umani specifici che essa serve, attraverso l'uso naturale dei materiali, naturali o sintetici, e per mezzo di appropriati metodi costruttivi.  Le nostre nuove risorse, già sviluppate dalla scienza (come l'acciaio e il vetro prodotti industrialmente) sono indotte a sviluppare continuamente forme nuove.  Incessantemente nuovi modi e nuove forme di costruzione continueranno a garantire un carattere nuovo e un significato autentico ad ogni edificio moderno.  Risultato dell'arte del costruire dovrebbe essere una poetica  serenità , anziché una "efficienza" mortale , in sempre maggior copia . Armoniosa , sana , esuberante e conveniente al fine ; durevole , razionale , economica . Bella .  Nelle condizioni in evoluzione perpetua, nella complessità dell'esistenza moderna, tutto ciò, per essere condotto a termine, presenta non scarse difficoltà, e la portata di questi continui sviluppi e mutamenti può non essere stata ancora pienamente valutata; ma, come architetti, possiamo così ricostituire l'architettura nei nostri cuori e nelle nostre menti, e agire, per riscrivere i nostri vetusti "regolamenti", e astenerci dallo sfigurare il paesaggio americano con gli attuali sistemi edilizi e con le reti di pubblici servizi.


IV.  SNELLEZZA PIU' CONTINUITA'

Quarto:  L'architettura conseguì, attraverso questi semplici mezzi, una qualità del tutto nuova; che venne alla luce non attraverso l'uso accidentale, ma attraverso l'interpretazione organica dell'acciaio e del vetro.  L'acciaio diede impulso a una proprietà inedita: la chiamo snellezza.  La snellezza è semplicemente questione di tensione: da "distendere"; è qualcosa di mai veduto prima nell'architettura del mondo.  Nessun edificio può resistere a una "estensione".  Se sottoposto a una spinta non si muoverebbe; ma, se si tentasse di estenderlo, crollerebbe in pezzi. Con la proprietà tensile dell'acciaio, questa possibilità di "tirare" consente un libero uso dell'aggetto, qualcosa di proiettivo e tensile ad un tempo, nella composizione architettonica. Il braccio teso, e la mano (con le dita in giù, a modo di muri) è un aggetto. E così il ramo di un albero.
L'aggetto è essenzialmente acciaio, al suo più economico livello d'impiego.  Il principio dell'aggetto in architettura sviluppa la "snellezza" come espressione umana, integralmente nuova; e costituisce pure un mezzo per disporre tutti i carichi su supporti centrali, bilanciando così il carico che si protende da un lato col carico aggettante dal lato opposto. Ciò introdusse nell'architettura, per la prima volta, un ulteriore principio costruttivo - che io definisco continuità - cioè una proprietà che può essere considerata come una nuova, elastica, coesiva stabilità.  L'architetto creativo trova qui una fonte d'ispirazione compositiva inedita e meravigliosa, una libertà nuova, che impegna luci di gran lunga maggiori impostate su sostegni assai più snelli.  Così l'architettura perviene alla costruzione sviluppata dall'interno all'esterno, anziché dall'esterno all'interno; ed oggi è cosa del tutto naturale ed economica un grande elevarsi, levitare delle proporzioni edilizie in tutta la fabbrica; lo spazio viene esteso ed utilizzato in una progettazione assai più generosa di quanto gli antichi abbiano mai potuto sognare. E' questa una caratteristica capitale della nuova architettura organica.
Le forme scatolari rigide, su supporti esterni in acciaio, appartengono strettamente all'Ottocento. Non possono costituire architettura del ventesimo secolo. Il sostegno su angoli rigidi diviene un puro ostacolo: gli stessi angoli sono oggi privi di significato, e divengono null'altro che uno sperpero stravagante, un'accentuazione dell'involucro.  La costruzione alleggerita per mezzo dell'acciaio aggettante in tensione, fa della continuità una preziosissima caratteristica dell'alleggerirsi architettonico.  La nostra nuova libertà architettonica oggi sta in questa direzione di ricerca. Nel carattere determinato da questa situazione nuova, gli edifici possono oggi svilupparsi dall'interno verso l'esterno : perché oggi le funzioni sia del tendere che del tirare possono essere integrali rispetto alla composizione architettonica.


V.  INTERPRETAZIONE DELLA TERZA DIMENSIONE

Quinto:  In breve: l'architettura organica considera la terza dimensione mai come peso o puro spessore , ma sempre come profondità . La profondità è un elemento dello spazio ; la terza dimensione ( ovvero spessore ) si è trasformata in dimensione spaziale . Le profondità intime dello spazio che penetrano le stereometrie: questo è ormai un fatto architettonico e un valido motivo di composizione.  Con questa concezione della profondità che interpenetra le profondità, fiorisce una libertà compositiva che gli architetti non hanno mai conosciuto sinora, ma che oggi possono impiegare nel comporre; fattore di vera liberazione di luce e vita all'interno delle mura edilizie; una nuova integrità strutturale; l'esterno che penetra l'interno; e lo spazio interno, dove si deve vivere, che si proietta all'esterno. Lo spazio esterno viene a far parte naturalmente dello spazio interno dell'edificio.  Ogni composizione architettonica diventa, quindi, effettivamente quadridimensionale, e fa apparire più statici che mai gli effetti bidimensionali degli antichi, immobili pilastri e travi, travature e gabbia strutturale, propri dell'antico modo edilizio, per quanto recenti possano oggi sembrare.  Le mura oggi si presentano, più che altro, come schermi umanizzati.  Definiscono e differenziano, ma non delimitano né annullano mai lo spazio. Si afferma un senso nuovo della realtà edilizia.
Una nuova liberazione può essere oggi il risultato naturale di tutto questo, e riflettersi sull'involucro di ogni edificio. La prima espressione consapevole che di questa realtà nuova io conosca nell'architettura moderna - lo spazio interno da vivere - fu il Tempio Unitario di Oak Park.  Vera armonia ed elementi, niente affatto lussuosi, di bellezza vi erano coscientemente progettati, e appartengono a questo senso nuovo dello spazio interno.  L'antichissima filosofia di Lao Tse rivive in architettura.  In ogni parte dell'edificio agisce la libertà.  Lo spazio è l'elemento fondamentale della composizione architettonica.
Quest'affermazione, dovuta al nuovo senso dello "spazio interno" come realtà, derivò dall'originaria affermazione negativa, la protesta radicale del 1904, il Larkin Building di Buffalo, ora demolito.  Con esso il principio poetico della libertà in sé giunse ad essere la rivelazione nuova dell'architettura.  Quella libertà nuova che per la prima volta venne consapevolmente manifestata nel Tempio Unitario di Oak Park (1906), come scrissi anche nel 1927 per l'Autobiografia.  Con questo principio nuovo operante, nell'architettura americana si profilò un senso nuovo dello stile, inteso come qualità intima dell'opera.  Una qualità naturale rispetto alla funzione e all'arte dell'abitazione moderna: non più applicata "a gusto".  (Ancora: "Tale la vita, tale la forma"; Coleridge ci offre uno slogan forse preferibile a "La forma segue la funzione").  Per gli americani, come per tutti gli esseri umani di ogni specie e in ogni parte del mondo, lo "stile" si configurò come un concetto generale : espressione poetica del carattere.  Lo stile è intrinseco : oppure è falso.  Ma se lo stile è una caratteristica dello "spazio interno da vivere", la sua vita è perpetuamente rinnovellata.


VI.  SPAZIO

Sesto:  Lo Spazio , l'elemento stesso dell'Architettura , ha trovato infine espressione architettonica.  Vetro: aria nell'aria, per racchiudere l'atmosfera trattenendola all'interno, o all'esterno.  Acciaio: un filo leggero e solido come il filo della tela del ragno, capace, oggi, di coprire luci inaudite.  Mediante i nuovi prodotti offerti dalla tecnologia, e attraverso una nuova freschezza inventiva nell'applicarli al prodotto edilizio, molte nuove forme spaziali bellissime sono già venute alla luce; e, a causa di esse, altre ancora continuano ad annunciarsi.  Alcune non saranno, com'è ovvio, nient'altro che "recenti", e non significative; altre saranno invece significative e realmente nuove.  Ma ciò che più importa, il costruire moderno sta divenendo la salda arte creativa che il principio poetico può sprigionare e sviluppare.  Forme nobili, vitali, esuberanti già esistono.  La democrazia si risveglia a una più spirituale espressione di se stessa, e a sua volta si risveglierà la cultura nativa.  Messi giustamente a fuoco sulle necessità vitali del ventesimo secolo, si svolgeranno e si miglioreranno continuamente nuovi usi dello spazio da vivere, usi più esuberanti e più sereni.  Una sicurezza nuova e una nuova pacatezza.  Gioia illuminata di fresca bellezza già appare, o verrà.  E, per quanto attiene al futuro, io trovo fonte d'incoraggiamento nelle molte lettere che mi giungono continuamente da tutto il paese, da giovani sotto i vent'anni, che chiedono il mio aiuto perché hanno scelto, per le tesine di esercitazione, il tema dell'architettura organica.  Questo diffondersi, nella più giovane generazione, di un interesse consapevole all'architettura, non può condurre ad altro che a una nuova architettura americana.  Quando questi giovani avranno dei figli, cioè fra una generazione ancora, questi ultimi esigeranno case moderne e spaziose, in linguaggio moderno: in questo linguaggio.  Presto vedremo nascere la casa come opera d'arte ; una casa che più che mai sarà focolare , proprio perché possiederà una sua intrinseca bellezza.


VII.  FORMA

Settimo:  Chiunque sia, per un briciolo almeno, architetto, non sarà mai pago di disegnare un edificio semplicemente (o prevalentemente) per il quadro figurativo che offrirà - non più di quanto compererebbe un cavallo semplicemente in base al colore del suo mantello.  Che specie di intelligenza deve possedere quel critico che, vedendo un edificio, lo giudica in base al suo "aspetto", ignorandone il sostrato costruttivo?
Per la prima volta in cinquecento anni, si manifesta un senso della forma architettonica, ed è inteso come nuova  integrità spirituale.
Le mura grevi, le elevazioni insensate e le insensate sovrapposizioni di ogni sorta, scompaiono; ringraziamone il cielo.  Pareti leggere e sottili possono oggi sospendersi a lastre aggettanti sostenute all'interno da supporti sottili, edificati a secco, mentre le mura stesse divengono schermi lievissimi, del tutto indipendenti dalla funzione di sostegno.  Sostegni centralizzati possono elevarsi isolati, bilanciando carico con carico, non muri affatto, ma forma integrale: le pareti possono costituire sospensioni leggere da punto a punto, in affascinanti forme pendule. 
In generale, la struttura è un fatto che procede dall'interno all'esterno , anziché dall'esterno all'interno.  Forme geometriche diverse (specialmente forme circolari), nell'impianto della struttura, si dimostrano più economiche delle scatole a pianta quadrata.  I carichi statici possono essere sospesi, e l'aggetto può essere sorretto da montanti sottili e isolati.  Si può adoperare il vetro, o della plastica leggera, per completare l'involucro e renderlo abitabile, e lamiere metalliche, o pannelli di metallo, dal peso lievissimo, offrono un materiale permanente per gli esterni di tali strutture.  Involucri di leggerezza estrema, combinati con questi elementi strutturali, liberano l'edificio moderno da ogni eccesso statico; la struttura non è più pletorica obesità, né corre più il rischio di crollare sotto il proprio peso.  Le pareti rubano poco o nulla dello spazio del pavimento, e spazi fino ad oggi celati o perduti o resi impraticabili dalle pesanti murature vengono rivelati e resi fungibili.  Si possono progettare disposizioni tali, per il confortevole soggiorno umano, che la spaziosità diviene economica quanto bella, e si rivela dove mai si sarebbe pensato potesse esservi spaziosità.  E non solo piacevolezza e qualità per il pratico impiego consente oggi lo spazio , ma offre pure bellezza d'aspetto e di forma e un nuovo e valido tipo d'abitazione per la specie umana.  E gli edifici, finalmente, possono essere essi stessi resi liberi, al pari dei loro occupanti, e avvolgersi nella splendida veste del principio architettonico, e direttamente, vale a dire onestamente, costituire un'espressione libera, eppure economicamente conveniente, di ciò che realmente sono, di ciò che realmente significano.  La realtà di questo nuovo senso dello spazio interno può caratterizzare l'edilizia moderna.  Lo stile sarà la conseguenza di una "qualità" integrale.  Così l'intelligenza rafforza e rende operante lo Spirito: un'arte flessibile, varia, infinita nelle sue possibilità quanto lo spirito dell'uomo.

UNITA' ORGANICA :  Così ambiente ed edificio sono una cosa sola ; piantare gli alberi nel terreno che circonda l'edificio , quanto arredare l'edificio stesso , acquistano un'importanza nuova , poiché divengono elementi in armonia con lo spazio interno nel quale si vive . Il luogo (la costruzione , l'arredamento) - ed anche la decorazione , e anche gli alberi - tutto diviene una cosa sola  nell'architettura organica.  Ciò che un tempo era detto "decorazione" - la sistemazione del giardino, l'illuminazione, ecc. - come pure tutti gli impianti moderni (l'aria condizionata per esempio) si trovano tutti all'interno della struttura edilizia, sono elementi dell'edificio.  E pertanto sono, tutti, fattori di questa sintesi nella quale confluiscono tutti gli aspetti dell'abitare , e si pongono in armonia con l'ambiente . Questo appunto è ciò che la posterità definirà " architettura organica " .


VIII.  LA COPERTURA E IL SUO UMANO SIGNIFICATO

Ottavo:   Come lo spazio interno nel quale si vive diviene la realtà vera della costruzione, così il sottolineare la copertura diviene più che mai significativo rispetto alla qualità dell'edificio, e la copertura, in quanto elemento architettonico, vede esaltata la sua funzione.  Sono pur sempre incongruenze singolari queste attuali coperture ridotte a un tetto piatto: sebbene, per motivi di economia, moltissimi le vogliano così.  Qualificare questa istanza universale di riparo , in quanto il riparo è l'elemento, tra quelli dell'architettura, più significativo, ha acquisito nell'architettura organica un'importanza grandemente superiore a quella di un tempo. Ecco una prova: il nuovo senso dello spazio esige, per il suo significato umano, tanto una copertura significativa, quanto un riparo.  Perciò la copertura diviene in se stessa un elemento architettonicamente più importante: la solidità delle mura scompare per riapparire in forma di fantasiosi schermi che avvolgono la luce, e che, per conseguenza inevitabile, affidano compiti assai maggiori alle forme e al modellarsi di tutta la parte sospesa dell'edificio, la quale ha diretto riferimento agli elementi meteorologici.  Inoltre, radicali innovazioni strutturali fanno sì che la parte superiore sia leggera, possieda sempre meno quel carattere di sovrapposizione che aveva un tempo, rivesta maggior grazia, sia un fattore più armonioso dell'ambiente.
L'architettura organica considera la copertura una qualità non soltanto dello spazio ma dello spirito , la vede come il fattore primario di ogni concezione che intenda costruire per l'uomo nel suo ambiente , intendendo l'uomo come legittimo elemento dell'ambiente . L'ambiente meteorologico è onnipresente e gli edifici devono essere lasciati fuori , alla pioggia . A questi elementi meteorologici la copertura è dedicata.  Tanto è vero che tutti gli altri fattori compositivi tendono, l'uno per l'altro, a confluire in questo importantissimo fra tutti, la copertura, ed alla sua funzione di riparo. Per completare l'edificio, per proteggere da ogni mutevole contingenza di luce, caldo e freddo, di usura e d'uso, tutto ciò che in esso è racchiuso, esigiamo la copertura.  Chi occupa un edificio scopre prontamente una possibilità di comfort molto maggiore, e una vita più espansa e piacevole, laddove la copertura si fa riparo, e lo esprime.  Col riparo, fascino è stato aggiunto al carattere; stile al comfort; significato alla forma.

IL CLIENTE :   Pertanto l'architettura moderna implica una collaborazione da parte del cliente , collaborazione che deve essere di gran lunga più intelligente che in passato.  Dato che da un'opera d'arte si ritraggono soddisfazioni nuove tanto maggiori che da qualsiasi espressione di "buon gusto" del cliente abituale,  l'investimento nella " casa come opera d'arte " è oggi quanto di più saggio si possa avere.  L'alloggio " come opera d'arte " è un luogo migliore in cui vivere , col quale , per il quale , del quale vivere , in ogni senso.  Perciò, perché non dovrebbe essere un "investimento" migliore?  Gli interessi dell'architetto e quelli del proprietario sono qui mutuamente connessi , interdipendenti.


IX.  MATERIALI

Nono:  Ho detto la mia sulla natura dei materiali edilizi in una serie di articoli scritti per il dottor Mikkelsen, allora direttore di "The Architectural Record", di New York, verso il 1928.  Il buon dottore mi salvò, economicamente, nel momento in cui tutta la meschinità e la grettezza della società si rovesciavano su di me, dandomi l'incarico di compilare una serie di articoli su "qualsiasi argomento mi piacesse".  Scelsi "la natura dei materiali", e fui stupito di apprendere, quando cominciai le ricerche sull'argomento, che nulla in nessuna lingua era mai stato scritto in materia.
Tutti i materiali atti ad essere usati in edilizia sono importanti , più che mai . Sono tutti significativi : ognuno secondo la propria particolare natura . Materiali vecchi e nuovi hanno il proprio contributo vivente da offrire alla forma , al carattere e alla qualità di qualsiasi edificio . Ogni materiale può divenire un felice fattore determinante dello stile; usare erroneamente qualsiasi materia è tradire l'integrità di tutta la composizione.


STILE

Non esiste uno stile vero che non sia autoctono.  Tentiamo di precisare il significato dello stile.  " Lo stile è l'uomo ".
Senza dubbio, lo stile è, o dovrebbe essere, in gran parte un fatto di carattere innato.  Ma lo stile diviene significativo ed efficace in architettura soltanto se è organico e integrale.  Per il fatto che è innato è genuino - oppure non è.  Lo stile è, oggi, una qualità naturale per l'edificio; lo stile si sviluppa dall'interno.  Grande serenità, quiete, una compostezza nuova, sono il compenso in serbo per il giusto uso dei materiali nelle forme vere alle quali ciascuno di essi è per natura il più adatto.


POSSESSO

Nelle mani di un architetto lungimirante l'edificio appartiene oggi più che mai al committente... L'edificio appartiene al proprietario, oggi, in funzione della conoscenza, che il proprietario ha, della conoscenza necessaria.  Perciò è nella natura stessa dell'architettura organica, che non vi sia più motivo di negare ad alcuno la sua casa, come egli la vuole, purché realmente sappia ciò che vuole.  La casa può essere progettata in funzione delle sue preferenze, della sua situazione, del suo modo di vivere; ma c'è differenza tra preferenze e gusto.  Se, attraverso le sue preferenze, il proprietario si rivela consapevole dei principi in gioco, esposti fin qui, ciò rende genuinamente sua la sua casa.  Se cerca di comprendere come essi impegnino, ed evolvano la sua libertà come individuo in questo suo, particolare, caso, la suo nuova dimora affermerà la sua sovranità come individuo illuminato...
...lo stile di ogni casa può essere oggi, assai più di sempre, individuale.  Da ciò la necessità di una nuova integrità culturale: la sensibilità individuale e la responsabilità personale sono oggi fattori essenziali.  Si prospetta una possibilità, a scala umana, di scegliere un luogo nel quale non solo esistere, ma vivere, come entità distinte: poiché ogni individuo, proprietario di edificio, può genuinamente contribuire alla cultura autoctona del proprio tempo.  Nello spirito di questo più ampio ordine di scelta individuale, è responsabilità del proprietario essere ben consapevole della portata della scelta, che egli compie, del suo architetto.  Ciò che egli fa ora non solo lo circonderà e lo rappresenterà per la vita; probabilmente esisterà per diverse centinaia d'anni dopo di lui.  L'integrità dovrebbe manifestarsi, nella sua vita, attraverso la scelta personale che egli compie.  Nella nostra democrazia l'individuo dovrebbe elevarsi al più alto livello dell'aristocrazia semplicemente attraverso il proprio senso e percezione del valore .


CIO' CHE E' NATURALE

Consegue, da questi principi compositivi fondamentali, che il legno e l'intonaco si accontenteranno di essere e di apparire legno e intonaco, non aspireranno ad essere trattati in modo da assomigliare al marmo.  Né gli edifici in cemento armato vorranno sembrare in marmo o in lastre di pietra viva.  Ciascuno avrà una propria grammatica, verace rispetto al materiale, come nella grammatica inedita della Casa sulla Cascata, la mia prima casa in cemento armato.  Se questa semplice conoscenza della grammatica e della sintassi proprie della composizione organica, potesse entrare in concreto nell'attività architettonica, ogni edificio esibirebbe la proprio natura con quella onesta distinzione formale che un architetto sensibile potrebbe offrire al proprietario aperto e intelligente. L'edificio è un organismo soltanto se armonizza l'interno con l'esterno e ambedue col proprio carattere e fine , e col processo costruttivo , e col luogo , e col tempo.  L'edificio congloberà in sé la natura del luogo, dei metodi in base ai quali è costruito, e finalmente tutto il risultato - dallo zoccolo alla grondaia, dal terreno all'orizzonte - sarà rispondente al suo fine.


"...Ho sempre voluto costruire per l'uomo d'oggi , costruirgli dentro il suo domani , organico rispetto al suo Tempo e al suo Luogo d'Uomo moderno..."  Frank Lloyd Wright


       


FONTE : da libro " Testamento " di Frank Lloyd Wright , Einaudi, TO, 1963 (Titolo originale "A Testament" , Horizon Press, New York, 1957). 















domenica 18 agosto 2024

Meeting Mr. Kaufmann, di Rick Meghiddo



Rick Meghiddo


Meeting Mr. Kaufmann




We had planned an itinerary along a line that had nothing to do with historical chronology, nor with the greater or lesser importance of the buildings that we were about to visit. Wright, like Picasso, had had several periods of creativity quite different from one another: over five hundred works built along seventy years. They included the Prairie Houses in the Midwest, built between the end of 19th Century and the beginning of the 20th Century; the concrete-block houses of Los Angeles, from the 1920s; the Johnson’s and the Kaufmann’s masterpieces of the 1930s in Wisconsin and in Western Pennsylvania; the Usonian Houses of the 1950s, conceived for the needs of America’s middle class, spread all over the country; and the unique public buildings, such as the Price Tower in Bartlesville, Oklahoma, the Florida Southern College in Lakeland, the Beth Sholom Synagogue in Philadelphia and the Guggenheim Museum in New York. We needed advise to distinguish between those works which were essential to understand each period, and the ones that were less relevant. Prestigious as Mr. Kaufmann’s background was(1), the main reason why we wanted to meet with him was because, as the author of a book titled “Frank Lloyd Wright: Writings and Buildings,” which included a detailed index of Wright’s addresses of buildings, he knew better than anyone else the reality on the ground.
 
While walking towards the Ford Foundation, we stopped at a public phone on 42nd Street to call Mr. Kaufmann. Using the number that Zevi had given us, I dialed. It was noisy on the street and I was afraid I wouldn’t be able to hear the person on the other end. The stet rang.
“Edward Kaufmann speaking, hello?” Hearing the soft voice of a man caught me by surprise. I was prepared to convince some front desk receptionist to let me speak to him, but there was Mr. Kaufmann, picking up the phone.
“Mr., Kauffman? I asked rhetorically.
“Yes, who is this?” he answered.
“Aeh… good afternoon, Mr. Kaufmann. I’ve been addressed to you by Professor Zevi. My name is Rick Meghiddo. I am in New York, together with my wife, for just a few days. We are both architects graduated in Rome. Professor Zevi was our mentor. We have planned a trip around the United States to see and photograph many of Frank Lloyd Wright’s buildings. Professor Zevi gave us your number and urged us to contact you when we get to New York, to get some advice.”
“How interesting,” Mr. Kaufmann said. I could barely hear what he was saying.
“How is Professor Zevi doing?” Mr. Kaufmann continued, “I haven’t been in touch with him for quite a while. He is such a great historian, a passionate advocate of Wright and the Organic Architecture philosophy. He also is one of the best critics of architecture that I know, probably the best. Have you seen him recently?”
“No,” I answered, “I am actually coming from Israel. I last talked to Professor Zevi over the phone two weeks ago, before we left Tel Aviv. He gave me your number. I didn’t know that I was calling to your home. I apologize. Would you prefer me to call you at a more convenient time?
“No, no, that’s fine. I needed a brake anyhow. Now, let me understand better. You said that you are coming from Israel but your accent sounds Latin, are you Italian?”
“No, I was born and raised in Argentina. I emigrated to Israel when I was seventeen, entered the Technion to study architecture and there I met my wife, in the classroom. She came to Israel from Romania. After we married, we moved to Rome, to continue our studies there. Shortly after we started to study History of Architecture with Professor Zevi. He adopted us, if I may say, as disciples. He was also the tutor of our graduating theses,” I added.
Ruth made signs that I should inform him that we were three, not two. Viviana smiled
in silence. I was so concentrated in my conversation with mister Kaufmann that I didn’t get what Ruth was trying to tell me.
“To answer your question,” I continued, “when I last talked to Professor Zevi, he was very busy writing a new book.”
“Do you know what the book is about?” he asked, curious.
“I am not one hundred percent sure. If I understood him well, it is about the code of modern architecture’s language,” I said, pressing hard the canal of my left ear with my forefinger’s knuckle, to muffle the street’s noise from passing trucks and sirens, claxons and a taxi driver shouting “mother fucker” to a man crossing jaywalking. I hoped he didn’t hear it.
“He has such a complex mind,” commented Mr. Kaufmann, “now, tell me Ricardo, how can I help you?”
“Well, the thing is that, regarding our trip, we have been using your book as our main source of reference. It is great, and your list of addresses makes it unique. We would like to get some specific feedback from you, if possible, to make sure that we are on the right track.”
“In what sense?” Mr. Kauffmann asked.
“Our trip’s itinerary crosses at least twenty five states in the Northeast, the Midwest, the Southeast and the Southwest. Because we plan to drive along a sequence of buildings that do not relate to one another chronologically, nor in order of importance, we would like to have your input in establishing some sort of hierarchy in our itinerary,” I said.
“I see. Well, that sounds quite challenging. I’ll be glad to help you in what I can. By the way, are you also including Fallingwater on your way?”
“Of course, that is one of our trip’s highest points.”
“Good. I can facilitate your visit there,” he said.
I mimicked my enthusiasm to Ruth and Viviana, but they couldn’t understand why. “My goodness, a red carpet to Fallingwater,” I thought, “what a privilege!”
“Let me check my calendar. This weekend I am out of town, and you said you came for just a few days…how about coming to my home tomorrow, with your wife, what’s her name?” he asked.
“Ruth,” I said.
“With Ruth,” he continued, “at eleven? We can discuss your trip first, and from here I’ll take you out for lunch and you’ll tell me more about Zevi, and maybe also about Israel. We’ll have a couple of hours to talk. Is tomorrow fine with you?”
“That’s very kind of you,” I answered, “but we are three people at this moment. An Italian friend of ours, architect Viviana Campajola, who worked for Zevi several years, is joining us for a few days. We don’t want to impose any burden on you, so we’ll be happy to come, not necessarily for lunch” I said, while Ruth gestured approval.
“It’s not a problem. I’ll be glad to take all three of you for lunch,” he said.
I made high brows to Ruth and Viviana.
“Thank you. Sure, tomorrow is fine. We’ll be at your place at eleven.” He gave me his address, on East 53rd Street, which I wrote down on a bag of souvenirs bought at the UN gift shop, using one of the booth’s sides for support.
“Please send my best regards to Zevi, if you talk to him,” he then added.
“Our friend Viviana will actually see him when she’s back to Rome, in about ten days.”
“Great. In the meantime, I’ll see you tomorrow. Do you have a phone number where I can reach you, just in case?” I gave it to him, hoping that he wouldn’t realize the kind of hotel we were at. He didn’t ask and I didn’t volunteer it. He then sent regards to Ruth and Viviana, and hanged up.
“Tell us word-by-word what he said,” asked Ruth, impatiently. I was exhausted by the tension. It was like lifting weights beyond the limit that I was used to.
“I need a coffee,” I said, and then I told them.
 
The next morning Ruth and Viviana wanted to buy a Clinique moisturizing lotion before our meeting with Mr. Kaufmann, so we took a cab from our hotel directly to Saks Fifth Avenue, at the corner of 49th street. The traffic was not too bad, and we got there in ten minutes. Since I didn’t have patience to be around when Ruth was trying eyeliners, cheek colors and perfumes, we agreed to meet in half hour at a spot next to a ground floor escalator. I left the store and went for a stroll around Rockefeller Plaza. I found a card with a sleek modern design and I bought it, to send a thank you note to Mr. Kaufmann after our meeting. I returned at precisely 10:30 AM. The girls were not there. After five minutes, I started to get edgy. At 10:40 AM they showed up.
“I know, I know, let’s go,” said Ruth, preventing my reaction.

We reached 53rd street and from there we headed east. Mr. Kaufmann’s residence was located at the end of the street, so we had to walk briskly, to get there on time. The area was new to me. I was surprised to discover a calm, tree-lined street, with small-town low buildings, in mid-town Manhattan. When we crossed Lexington Avenue, I noticed a Flax art supply store and thought that it would be nice to wander around there, but that was not the moment.
We reached Mr. Kaufmann’s residence at eleven sharp. I didn’t find a bell, so I pushed the gate. To my surprise, it was unlocked. We walked directly into an entry hall. Next to an old elevator was a bronze plate on which “KAUFMANN-ROTHCHILD, Second Floor Down” was engraved. Down? We were puzzled.
“Strange,” said Ruth, while Viviana made a typical Italian gesture of “who knows?”
We followed directions. The elevator had a wooden door that swung outside, and two doors that swung inside. The elevator’s walls were made out of wood and had moldings. A small mirror with polished edges was attached to a side wall. It reminded me the elevators of apartment buildings in Paris, but this one was larger. While Ruth and Viviana checked their makeup on the mirror, I pushed the lowest bronze button sticking out from a bronze plate. The elevator moved slowly. When it stopped, I backed up to open the interior doors. We exited onto a small landing and had to move to the side to close the exterior elevator’s door. There was a single old-looking wooden door and a window that opened onto a garden with a Henry Moore sculpture in it. In the background I saw the East River, with a passing ship and the skyline of Long Island beyond Roosevelt Island. Ruth combed my hair with her fingers and straightened my tie. I was concerned that it didn’t match my shirt, but I had taken only one tie for the trip, so that was it. Viviana raised her eyebrows and took a deep breath. I rang the bell.

A thin man with a goatee greeted us with a smile. He spoke softly and his manners resembled that of a 17th Century aristocrat. The apartment was a private museum of modern art, with museum-quality paintings and sculptures. As I introduced Ruth and Viviana, my eyes went to a large Jackson Pollock drip painting in the entryway, a Picasso portrait of a woman to our left and a surrealist Miro filled with sexual symbols to the right. In the living room, I saw a shiny Duchamp-Villon bronze sculpture next to a large sofa and, beyond glass doors, the Henry Moore sculpture sat on a carpet of grass.
Mr. Kaufmann led us to the living room and we all sat on traditional chairs around a coffee table, in plain contrast with the modernism of the artworks on the walls. The effect was one of casual openness, yet the place was immaculately ordered. Every piece of furniture and every painting were exactly placed. I could swear that a child had never set foot there. Realizing that Mr. Kaufmann was gay and assuming that the “Rothschild” part of the bronze plate’s equation was that of his partner, I was itching to ask him which Rothschild this one was, but I didn’t. After a short exchange of pleasantries, Ruth handed him the folder containing our itinerary and also pointed at the markings that we had made on his book’s list of addresses.
“This is a very ambitious trip. It is spread all over the country. How long are you planning to travel?” Mr. Kaufmann asked.
“Three or four months,” Ruth responded.
“Before leaving New York we’ll buy a car,” I interrupted. Ruth gave me her typical look of getting upset when I interrupt, and continued.
“We’ll drive towards Montreal first, then we’ll cover the Midwest all the way to Wisconsin, and from there we’ll head south before the winter catches us up. We’ll spend a week in St. Louis, where Rick’s cousins live, and from there we’ll fly to Florida, continuing to move along the south, mixing flights with car rentals, all the way to California.”
“By when are you planning to reach Fallingwater?”
“In approximately one month from now,” I interjected.
“Mid-October. It starts getting cold. Be prepared for rain,” said Mr. Kaufmann.
While he carefully analyzed the material, making comments and adding notes by the margins with a pencil, my eyes whirled around. The apartment must have been a basement at one time, probably less than 2,000 square feet, but the garden seemed to be twice its size. It was hard to believe that a place like that could exist in New York. From where I was sitting, one could not see FDR Drive, and the river seemed to be touching the garden’s edge, similarly to the villas that we have seen facing the Bosporus’ European shore, when we visited Istanbul four years earlier. After a while, I asked for the restroom. He showed me the way through his bedroom, a minimalist cube framed by one painting on each wall and a king-size mattress lying directly on the floor. The art display extended further into the bathroom, where a delicate Ben Shahn drawing provided spiritual company to my peeing.

Our conversation remained centered on our trip’s goals. When it was time for lunch, Kaufmann lead us along 53rd Street for a couple of blocks, then we turned left on Second Avenue and right on 52nd Street, towards Fifth Avenue.
“I want to show you something before we reach the restaurant,” he said.
We continue to walk for another half block when suddenly, in-between traditional apartment buildings, stood a two-story steel and glass building.
“This is a guest house designed by Philip Johnson for Mrs. John Rockefeller,” said Mr. Kaufmann, “It used to be a carriage house. Inside, Philip created a continuous loft-like interior, with a combined living and dining room in the front and a bedroom in the back, each looking through fully glazed walls to a water-filled, landscaped garden that lay between. To go from the living to the bedroom, the guests have to cross the pool stepping on travertine pads. He considerably sacrificed interior space in favor of the court, but in doing so, he has created expansiveness, despite the severe limitations of the site.”
“I know the project,” I exclaimed, “but I didn’t know it was here!”
“How do you know about it?”
“When we were second-year students at the Technion, we were given as an assignment to design four single-family houses on a terraced area of Haifa. Ruth’s design was joyful, in the spirit of Hans Sharoun, with articulated walls and pitched roofs. I was then trying to explore something different than Le Corbusier’s language, which first influenced my design, so I went to the library and there I discovered a book on Philip Johnson. In it was the plan of this guest house! It inspired me to design a
T-shaped glass house, with a front pool reaching its exterior walls. That feature demanded to walk through pads in order to get to the main entrance, similarly to what Philip Johnson did here. But this happened during the early 1960’s, and Israel’s spirit was still very Spartan. My project was considered too minimalist, not functional enough; I was very criticized by both my teacher and my peers. I got a B-minus,” I laughed.
We continued to walk along 52nd Street until we reached Park Avenue.
“Look at the contrasts between corporate buildings. To the right you can see an International Style classic, the purist Seagram Building, designed by Mies van der Rohe and Philip Johnson in the spirit of “God-is-in-the-detail.” To the left, the Pan Am Building, arrogantly stacked in the middle of this colorful and sleek glass canyon, out of scale with Grand Central Station. How could Walter Gropius do that?”
“Did you know that Zevi and Philip Johnson studied together at Harvard under Gropius?” I asked, using the association with something more anecdotal.
“I know,” he said, isn’t that an amazing paradox? The founder of the Bauhaus, who influenced the passage from the Arts & Crafts Movement to industrial design, being the teacher of two influential future leaders of architecture’s Modernism becomes, late in his life, a servant to speculative real estate developers. His excuse was that of creating ‘a quiet, imposing building mass of a strong prismatic form.’ I don’t buy it! Anyhow, it’s time to eat. Let’s go.” He closed the argument and started to walk.

We continued to walk along Park Avenue, until we stopped again by an unmarked gate. Mr. Kaufmann knocked at a brass door knocker. A peephole opened showing someone’s eye peeping at us. After some perfunctory questions, the door opened and a man dressed in a black tailcoat, wearing white gloves and a white tie, showed us the way to a table in the middle of a sumptuous dining room filled with people. I realized that we had crossed the threshold of another world, all hidden from the public, a sophisticated place for the elite at the very heart of a city which is all about intensity of purpose and connections. I asked Mr. Kaufmann to lead us on the menu.
“Do you like soft-shell crab?” he asked.
“I never tried it, but I’m willing to learn something new,” said Ruth, hoping that dealing with the crab won’t turn into a messy affair.
“What about you, Viviana?”
“I think that I am going to have Lettuce-Wrapped Rock Cod with Carrot Sauce.”
“It has a delicate taste of tarragon, and the carrots give it a slightly sweet twist,” said the waiter.
What about you, Rick?” asked Mr. Kaufmann.
I looked at the prices of the main courses, some of which were three times what we paid for our hotel’s room. I thought of keeping it low keyed.
“I am undecided between Gingered Garden Salad with Chicken, or Golden Chicken in Port Sauce with Prunes & Garlic.” Ruth made me a frowning sign at the garlic’s component.
“Do you like spicy food?” asked the waiter, and continued. “The Spicy Chicken with Cumin and Lime is very good.”
“That sounds excellent. I’ll go for it,” I said.

We switched our conversation to some of his personal experiences with Wright. We asked about the feeling of living in a place like Fallingwater.
“Although Wright designed for me a bedroom with a wall-to-wall window, I wanted to feel surrounded by the forest, so I put a bed on the highest landing of the stairway, where its all-glass walls allowed me to see the trees in their entirety, and that became my real bedroom, ” said Kaufmann.
“A Room with a View,” I thought, having in mind E. M. Foster’s one in Florence.
We also talked about Zevi, with whom he had co-authored the Italian book “La Casa sulla Cascata.” He considered him one of the great critics of our time, one of the very few that Wright had respect for.
“What is your connection to Zevi, Viviana?” asked Mr. Kaufmann.
“Besides being his student, I worked for him several years, mainly on research related to his rewriting of ‘History and Spaces of Modern Architecture,’ first written in 1950. The new edition will come in two volumes,” said Viviana.
“That sounds like a gigantic task,” said Mr. Kaufmann. Viviana smiled. “Well, as Zevi’s disciples, you have my full endorsement of trust. I’ll call the people at the Foundation to let them know that you are coming. You may spend as much time in and around the house as you may need.”

When we exited the restaurant, we walked together to the corner of Park Avenue and 53rd Street. Mr. Kaufmann kissed Ruth and Viviana on both cheeks, shook hands with me, wished us good luck, and turned right, back home.
Mr. Kaufmann’s trust left us with more than just his trust; it was a full load of responsibility to young architects on their way to becoming professionals.



 

 
 (1) Edgar Kaufmann, Jr. (1910–1989) was an American architect, lecturer, and author. He was Director of the Industrial Design Department at the Museum of Modern Art (MOMA) in New York City. From 1963 to 1986, Edgar Jr. was an Adjunct Professor of Architecture and Art History at Columbia University. Edgar Jr. strongly supported his father's decision to commission Frank Lloyd Wright for the famous 1936 'Fallingwater' house. After his father’s death in 1955, Edgar Jr. inherited the 'Fallingwater' house, continuing to use and share it as a mountain retreat until 1963. Then he entrusted the Wright structures and several hundred acres of the surrounding pristine Laurel Highlands to the Western Pennsylvania Conservancy as an architectural house museum and conservation open space preserve, in memory of his parents.
The meeting referred to in this story was conducted in 1971.

 


 



 
INCONTRO CON MR. KAUFMANN

di Rick Meghiddo

 

Avevamo programmato un itinerario che non aveva niente da fare con una cronologia storica né secondo la maggiore o minore importanza degli edifici da visitare. Wright, come Picasso, ebbe periodi di creatività molto diversi tra di loro: oltre cinquecento opere, costruite lungo settanta anni. Tra queste le Prairie Houses del Midwest, costruite tra la fine del 19° secolo e l'inizio del 20° secolo; le case a blocchi di cemento di Los Angeles degli anni venti; i capolavori delle case Johnson e Kaufmann degli anni trenta nel Wisconsin e nella Western Pennsylvania; le case Usonian degli anni cinquanta, concepite per le esigenze della classe media americana in tutto il paese; e gli edifici pubblici, quali la Price Tower a Bartlesville, Oklahoma, il Florida Southern College di Lakeland, la sinagoga Beth Sholom a Philadelphia ed il Museo Guggenheim a New York. Avevamo bisogno di consiglio per distinguere tra quelle opere che erano essenziali per capire ogni periodo, e quelle che erano meno rilevanti. Nonostante la prestigiosa formazione di Mr. Kaufmann (1), il motivo principale per cui abbiamo voluto incontrarci con lui era perché, essendo l'autore di un libro intitolato "Frank Lloyd Wright: Scritti ed Edifici", che comprendeva un indice dettagliato con gli indirizzi dei lavori di Wright, lui ne conosceva meglio di chiunque altro la realtà sul terreno.

Mentre camminavamo verso la Fondazione Ford, ci fermammo ad un telefono pubblico sulla 42esima strada per chiamare al signor Kaufmann. Usando il numero che Zevi ci aveva dato, ho composto. C’era molto rumore per la strada e avevo paura che non fossi in grado di sentire la persona all'altro capo del filo. L’auricolare squillò.
"Edward Kaufmann, pronto?" Sentire la leggera voce di un uomo mi colse di sorpresa. Ero già pronto a convincere qualche redattore per farmi parlare con lui, ma ecco che il signor Kaufmann sollevò il telefono.
"Signor Kauffman”? chiesi retoricamente.
"Sì, chi parla"? rispose.
"Aehh ... buon giorno signor Kaufmann. Sono stato indirizzato da lei dal professore Zevi. Il mio nome è Rick Meghiddo. Mi trovo a New York per pochi giorni insieme a mia moglie. Siamo entrambi architetti laureati a Roma. Il Professore Zevi e stato il mio mentore. Abbiamo programmato un viaggio lungo gli Stati Uniti per vedere e fotografare molti degli edifici di Frank Lloyd Wright. Il professore Zevi ci diede il suo numero di telefono e ci esortò di contattarla una volta arrivati a New York, per averne qualche consiglio da lei".
"Molto interessante", disse Kaufmann. A malapena riuscivo a sentire quello che diceva.
"Cosa fa il professore Zevi in questi giorni?" Mr. Kaufmann continuò, "non sono stato in contatto con lui per un bel po' di tempo. E' un grande storico, un appassionato sostenitore di Wright e della filosofia dell’Architettura Organica. E anche uno dei migliori critici di architettura che ne conosco, probabilmente il migliore. L'ha visto di recente"?
"No", risposi, "adesso vengo da Israele. Ho parlato con il professore Zevi per telefono due settimane fa, prima di lasciare Tel Aviv. Mi diede il suo numero. Non sapevo che stavo chiamando a casa sua. Chiedo scusa. Preferisce che la richiamo in un momento più opportuno”?
"No, no, va bene. Comunque ne avevo bisogno di una sosta. Ora, lasciami capire meglio. Tu hai detto che vieni da Israele, ma il tuo accento è latino, sei italiano"?
"No, sono nato e cresciuto in Argentina. Emigrai in Israele quando avevo diciassette anni, sono entrato nel Technion per studiare architettura e lì, in classe, ho conosciuto mia moglie. Lei era venuta in Israele dalla Romania. Dopo sposati ci siamo trasferiti a Roma per continuare i nostri studi lì. Poco tempo dopo essere arrivati abbiamo cominciato a studiare storia dell'architettura con il professore Zevi. Ci ha adottato, per così dire, come discepoli suoi. Più tardi è stato pure il nostro relatore di laurea", dissi.
Ruth mi fece un segno di fargli capire che siamo in tre, non due. Viviana sorrise in silenzio. Ero così concentrato nella mia conversazione con il signor Kaufmann che non sono riuscito a capire quello che Ruth stava cercando di dirmi.
"Per rispondere alla sua domanda," continuai, "quando parlai con il professore Zevi, lui era molto occupato perché stava scrivendo un nuovo libro".
"Sapete di che libro si tratta"? chiese, curioso.
"Non sono sicuro al cento per cento. Se ho capito bene, si tratta del codice del linguaggio dell'architettura moderna", dissi, premendo il canale del mio orecchio sinistro con lo snodo del mio indice, per attenuare il rumore della strada di camion, sirene, corni ed un tassista gridando "figlio di puttana" ad un uomo incrociato in mezzo alla strada. Sperai che non l'avesse sentito.
"Ha una mente complessa", commentò il signor Kaufmann, "ora, dimmi Ricardo, come posso aiutarti"?
"Il fatto è che, per quanto riguarda il nostro viaggio, abbiamo usato il suo libro come fonte principale di riferimento. E' stupendo, e l'elenco degli indirizzi lo rende unico. Vorremmo ottenere da lei una reazione, se possibile, per fare in modo di essere sicuri che siamo sulla strada giusta ".
"In che senso"? Mr. Kauffmann chiese.
"Il nostro itinerario di viaggio attraversa almeno venticinque stati nel nord-est, il Midwest, il sud-est ed il sud-ovest. Siccome abbiamo intenzione di percorrere una sequenza di edifici non in ordine cronologico né in ordine di importanza, ci piacerebbe avere da lei il suo consiglio per stabilire una certa gerarchia nel nostro itinerario", dissi.
"Ho capito. Beh, mi sembra un’impresa abbastanza impegnata. Mi farà piacere aiutarvi in quello che posso. A proposito, pure Fallingwater figura sulla vostra strada"?
"Certo, è uno dei punti più importanti del nostro viaggio".
"Bene. Posso facilitarvi la vostra visita lì”, disse.
Scimmiottai il mio entusiasmo a Ruth e Viviana, ma loro non riuscivano a capire perché. "Dio mio, un tappeto rosso per Fallingwater", pensai, "che privilegio"!
"Fammi guardare il mio calendario. Questo fine settimana sono fuori città, e tu hai detto che siete venuti per pochi giorni ... come vi andrebbe di venire a casa mia domani, con la tua moglie, come si chiama"? chiese.
"Ruth", dissi".
“Con Ruth, diciamo, alle undici? Prima possiamo discutere il viaggio, e poi vi porto fuori a pranzo e tu mi racconterai di più su Zevi, e forse anche su Israele. Avremo un paio d'ore per parlare. Domani va bene per voi”?
"E molto gentile da parte sua", risposi, "ma in questo momento siamo tre persone. Una nostra amica italiana, l'architetto Viviana Campajola, che ha lavorato per anni da Zevi, ci ha raggiunto per alcuni giorni. Non vogliamo imporre oneri su di lei, per cui saremo lieti di venire, ma non necessariamente per il pranzo”, dissi, mentre Ruth fece un gesto di approvazione.
"Non è un problema. Sarò felice di prendervi tutti e tre a pranzo", disse.
Alzai alte le mie sopracciglia verso Ruth e Viviana.
"Grazie. Certo, domani va bene. Saremo alla vostra residenza alle undici". Mi diede il suo indirizzo, sulla East 53rd Street, che scrissi su una borsa dal negozio di souvenirs delle Nazioni Unite, utilizzando uno dei lati della cabina come supporto.
"La prego di inviare i miei migliori auguri a Zevi, se parla con lui", aggiunse.
"In effetti la nostra amica Viviana lo vedrà quando tornerà a Roma, tra circa dieci giorni".
"Benissimo. Nel frattempo, ci vediamo domani. Avete un numero di telefono dove posso raggiungervi, se fosse necessario"? Glielo detti, sperando che non si rendesse conto del tipo di albergo nel quale ci ospitavano. Lui non lo chiese, ed io non lo offrii. Poi mi chiede di trasmettere i suoi saluti a Ruth e Viviana, e chiuse il telefono.
"Raccontaci tutto quello che ha detto, parola per parola", chiese Ruth con impazienza. Ero sfinito dalla tensione. Era stato come sollevare pesi oltre il limite di quello che ero abituato.
"Ho bisogno di un caffè," dissi, e raccontai la mia conversazione.
  
Il mattino dopo Ruth e Viviana volevano andare a comprare una lozione idratante Clinique prima del nostro incontro con il signor Kaufmann, dunque prendemmo un tassi dal nostro albergo direttamente al magazzino Saks Fifth Avenue, sull'angolo della 49th Street. Il traffico non era troppo male, e siamo arrivati in dieci minuti. Siccome non avevo pazienza per stare intorno a Ruth mentre lei cercava eyeliners, rossetti e profumi, ci siamo messi d’accordo di incontrarci in mezz'ora ad un punto vicino a una scala mobile del pianoterra. Lasciai il negozio e me ne andai a fare una passeggiata intorno a la Rockefeller Plaza. Lì trovai una cartolina con un design moderno ed elegante e la comperai, per inviare una nota di ringraziamento al Sig. Kaufmann dopo il nostro incontro. Tornai alle 10:30 AM precise. Le ragazze non c'erano. Dopo cinque minuti, sono cominciato ad essere teso. Alle 10:40 AM sono comparse.
"Lo so, lo so, andiamo", disse Ruth, prevedendo la mia reazione.

Raggiungemmo la 53rd Street, e da lì ci siamo diretti verso est. La residenza del signor Kaufmann si trovava alla fine della strada, così che abbiamo dovuto camminare svelti per arrivare in tempo. La zona era nuova per me. Ero sorpreso di scoprire un tranquillo viale alberato con edifici bassi da piccola città nel centro di Manhattan. Quando ne abbiamo attraversato la Lexington Avenue, ho notato un negozio Flax di forniture d’arte e pensai che sarebbe stato bello andarci a fare un giro li, ma quello non era il momento giusto.
Siamo giunti alla residenza del signor Kaufmann alle undici precise. Non trovavo il campanello, dunque spinsi il cancello. Per mia sorpresa, era aperto. Siamo entrati direttamente in una hall d'ingresso. Accanto ad un vecchio ascensore c’era una placca di bronzo sulla quale era inciso "KAUFMANN-ROTHCHILD, Secondo Piano, Giù”. Giù? Eravamo perplessi.
"Strano", disse Ruth, mentre Viviana fece un gesto tipicamente italiano di "chi lo sa"?
Abbiamo seguito le direzioni. L'ascensore aveva una porta di legno che oscillava verso il fuori, e due porte che oscillavano verso l’interno. Le pareti dell'ascensore erano di legno con modanature. Un piccolo specchio con bordi lucidati era attaccato ad una parete laterale. Mi ricordo gli ascensori degli appartamenti a Parigi, ma questo era più grande. Mentre Ruth e Viviana controllavano i loro trucchi nello specchio, spinsi il bottone più basso sporgente da una placca di bronzo. L'ascensore si mosse lentamente. Quando si fermò, mi sono tirato indietro per poter aprire le porte interne. Poi siamo usciti su un piccolo pianerottolo e ho dovuto spostarmi ad un lato per poter chiudere la porta esterna dell’'ascensore. C'era un'unica vecchia porta di legno ed una finestra che si affacciava su un giardino nel quale c’era una scultura di Henry Moore. Sullo sfondo vidi l'East River, con una nave passante ed il contorno di Long Island al di là della Roosevelt Island. Ruth pettinò i miei capelli con le sue dita e mi raddrizzò la cravatta. Ero preoccupato che non andava bene con la mia camicia, ma avevo preso una sola cravatta per il viaggio, dunque, non c’era niente da rimediare. Viviana sollevò le sue sopracciglia e fece un profondo sospiro. Io suonai il campanello.
 
Un uomo magro con un pizzetto ci accolsi con un sorriso. Parlava piano e le sue maniere sembravano quelle di un aristocratico del 17 ° secolo. L'appartamento era un museo privato di arte moderna, con quadri e sculture di alta qualità. Mentre presentavo a Ruth e Viviana, i miei occhi fuggirono verso un grande quadro “gocciolato” di Jackson Pollock, alla sua sinistra un ritratto di Picasso di una donna, e sulla destra un quadro surrealista di Mirò pieno di simboli sessuali. Nel soggiorno notai una lucente scultura di bronzo di Duchamp-Villon accanto ad un grande divano e, al di là di porte in vetro, la scultura di Henry Moore, riposando su un tappeto d'erba.
Il signor Kaufmann ci guidò verso il soggiorno dove ci siamo seduti su sedie tradizionali intorno ad un tavolino, in chiari contrasto con la modernità delle opere sulle pareti. L'effetto era quello di una apertura casuale, ma il posto era perfettamente ordinato. Ogni mobile ed ogni dipinto erano piazzati con esattezza. Avrei potuto giurare che un bambino non aveva mai messo piede lì. Rendendomi conto che il signor Kaufmann era gay ed ipotizzando che la parte "Rothschild" dell'equazione inscritta sulla placca di bronzo era quella del suo compagno, ne avevo la tentazione di chiederli di quale dei Rothschild si trattava, ma mi trattenei. Dopo un breve scambio di mutui complimenti, Ruth gli allungò la cartella contenente il nostro itinerario pure indicandogli i segni fatti sul suo libro con la lista con indirizzi.
"Questo è un viaggio molto ambizioso. E' sparpagliato per tutto il paese. Per quanto tempo avete intenzioni di viaggiare"? chiese Mr. Kaufmann.
"Tre o quattro mesi", Ruth rispose.
"Acquisteremo una macchina prima di lasciare New York", interruppi. Ruth mi diede il suo tipico sguardo di arrabbiata quando l’interrompevo, e continuò.
"Andremo verso Montreal, poi vedremo il Midwest fino al Wisconsin, e da lì ci dirigeremmo a sud prima che l’inverno ci acchiappi. Saremo una settimana a St. Louis, dove abitano cugini di Rick, e da lì voleremo verso la Florida, continuando poi a muoverci lungo la costa sud, combinando voli con noleggi d’auto, fino alla California ".
"Fra quanto tempo avete intenzioni di raggiungere Fallingwater"?
"In circa un mese da oggi," interruppi.
"Metà ottobre. Comincia a fare freddo. Siete preparati per la pioggia ", disse Kaufmann.
Mentre analizzava attentamente il materiale, facendo commenti ed aggiungendo note ai margini con una matita, i miei occhi giravano intorno. L'appartamento doveva essere stato in un seminterrato, probabilmente di meno di 200 metri quadri, ma il giardino sembrava di essere due volte la sua dimensione. Era difficile da credere che un posto come quello potesse esistere a New York. Da dove ero seduto, non si poteva vedere il FDR Drive, ed il fiume sembrava di toccare il bordo del giardino, in modo simile alle ville che avevamo visto sulla riva europea del Bosforo, quando abbiamo visitato Istanbul quattro anni prima. Dopo un po', domandai dov’era il bagno. Lui mi mostrò la strada attraverso la sua camera da letto, un cubo minimalista con un dipinto su ogni parete e di un materasso king-size disteso sul pavimento. La sistemazione d’arte si estendeva ulteriormente dentro il bagno, dove un delicato disegno di Ben Shahn provvide compagnia spirituale alla mia pipì.

La nostra conversazione rimase centrata sugli obiettivi del nostro viaggio. Quando arrivò l'ora di pranzo, Kaufmann ci condusse lungo la 53rd Street per un paio di isolati, poi girammo a sinistra per la Second Avenue e 52nd Street sulla destra, verso la Fifth Avenue.
"Voglio farvi vedere una cosa prima di raggiungere il ristorante", disse.
Continuammo a camminare per un altro blocco e mezzo quando improvvisamente, fra appartamenti tradizionali, c'era un edificio a due piani in acciaio e vetro.
"Questa è una guest house progettata da Philip Johnson per la moglie di John Rockefeller", disse Mr. Kaufmann, "Una volta e stata usata come stalla per carrozze. All'interno, Philip creo un continua soffitta interna, con un ambiente combinante soggiorno e sala da pranzo sul fronte ed una camera da letto nella parte posteriore, ciascuno dei quali guardano ,attraverso pareti vetrate, un giardino con una piscina decorativa in mezzo. Per andare dal soggiorno alla camera da letto, gli ospiti devono attraversare la piscina camminando su piastre di travertino. Lui sacrificò molto spazio interno a favore di questo cortile, ma così facendo, nonostante le grandi limitazioni del sito, gli diede un senso di ampiezza ".
"Conosco il progetto", esclamai, "ma non sapevo che fosse qui"!
"Come mai lo conosci"?
"Quando eravamo studenti del secondo anno al Technion, ci diedero come incarico di progettare quattro case unifamiliari su un terreno terrazzato di Haifa. Il progetto di Ruth era gioioso, nello spirito di Hans Sharoun, con pareti articolate e tetti a falda. Io invece cercavo di esplorare qualcosa di diverso dal linguaggio di Le Corbusier, che per primo aveva influenzato il mio disegno, così che andai in biblioteca e lì scoprii un libro su Philip Johnson. In esso c’era la pianta di questa struttura! Il mio progetto di case ne aveva una forma a T ispirata da questo progetto di Johnson, ed includeva una piscina sul fronte. Tale allestimento richiedeva di dover camminare attraverso piastre di cemento per raggiungere l'ingresso principale, analogamente a quanto fatto qui da Philip Johnson. Ma questo accadeva durante i primi anni sessanta, e lo spirito di Israele era ancora molto spartano. Il mio progetto è stato considerato troppo minimalista, non sufficientemente funzionale, dunque, sono stato molto criticato sia dal mio maestro che dai miei compagni. Ne ricevei un B-minus ", dissi ridendo.

Abbiamo continuato a camminare lungo la 52nd Street fino a raggiungere Park Avenue.
"Guardate i contrasti tra gli edifici aziendali. A destra potete vedere un classico Stile Internazionale, il purista Seagram Building, progettato da Mies van der Rohe e Philip Johnson, nello spirito del "Dio-è-nel-dettaglio." A sinistra, il Pan Am Building, arrogantemente piantato in mezzo a questa colorata ed elegante gola di vetro, fuori scala accanto alla Grand Central Station. Come ha potuto Walter Gropius fare questo? "
"Sapeva che Zevi e Philip Johnson studiarono insieme ad Harvard sotto Gropius"? chiesi, usando l'associazione per qualcosa di più aneddotico.
"Lo so", disse, “non è un paradosso incredibile? Il fondatore del Bauhaus, che influenzò il passaggio dal movimento Arts & Crafts al disegno industriale, essendo il maestro di due influenti leaders dell Modernismo, alla fine della sua vita, diventa un servo dei costruttori di edilizia speculativa. La sua scusa è stata quella di creare 'una tranquilla massa imponente di una forte forma prismatica’. A me non mi convince. Ad ogni modo, è ora di mangiare. Andiamo.” Chiuse l'argomento e ricominciamo a camminare
Continuammo a camminare lungo Park Avenue, fino che ci siamo fermati di fronte ad un cancello non segnato. Il signor Kaufmann bussò la porta colpendo un battente in ottone attaccato ad essa. Uno spioncino si aprì attraverso il quale si vedeva l'occhio di qualcuno che ci spiava. Dopo alcune domande superficiali, la porta si aprì e un uomo vestito con un frac nero, guanti bianchi e una cravatta bianca ci fece strada verso un tavolo al centro di una suntuosa sala da pranzo piena di gente. Mi resi conto che avevamo varcato la soglia di un altro mondo, totalmente nascosto dal pubblico, un luogo sofisticato per l'elite nel proprio centro di una città che è tutta intensità di intenti e di connessioni. Chiesi al signor Kaufmann di farci da guida sul menu.
“Vi piacciono granchi soffici"? chiesi.
"Non li ho mai provati, ma sono disposta ad imparare qualcosa di nuovo", disse Ruth, sperando che il dover lottare con i granchi non diventasse un affare sporco.
"E tu, Viviana"?
"Penso di avere il Merluzzo avvolto in Lattuga con Salsa di Carote”.
"Ha un sapore delicato di dragoncello, le carote le conferiscono un tocco leggermente dolce," disse il cameriere.
"E te, Rick”?
Io guardai i prezzi dei piatti principali, alcune dei quali costavano tre volte quello che noi pagavamo per la camera del nostro albergo. Pensai di essere moderato. "Sono indeciso tra l’Insalata Giardiniere allo Zenzero col Pollo o Pollo Dorato in Salsa di Oporto con Prugne ed Aglio." Ruth mi fece un segno sulla componente aglio.
"Le piace il cibo piccante?" chiese il cameriere, e continuò: "il Pollo Piccante con Cumino e Limoni Verdi è molto buono."
"Mi sembra ottimo. Prenderò quello" dissi.
 
Girammo la nostra conversazione su alcune delle sue esperienze personali con Wright. Chiedemmo di raccontarci la sensazione di vivere in un posto come Fallingwater.
"Anche se Wright disegnò per me una camera da letto con una finestra da parete a parete, io volevo sentirmi circondato dalla foresta, dunque misi un letto sul pianerottolo più alto della scala, lì dove tutte le pareti intorno erano di vetro, il che mi permise di vedere gli alberi nella loro interezza, e quella è diventata la mia camera da letto vera e propria", disse Kaufmann.
“’Camera con Vista’”, pensai, avendo in mente il libro di E.M. Foster su Firenze.
Abbiamo anche parlato di Zevi, con il quale era stato co-autore del libro italiano "La Casa Sulla Cascata." Lui lo considerava uno dei grandi critici del nostro tempo, uno dei pochissimi per il quale Wright aveva rispetto.
"Qual è la sua connessione con Zevi, Viviana?" Chiese il signor Kaufmann.
"Oltre ad essere stata una sua allieva, ho lavorato per lui parecchi anni, principalmente sulla ricerca relativa alla sua riscrittura di 'Storia e Spazi dell’Architettura Moderna,' inizialmente scritta nel 1950. La nuova edizione sarà in due volumi ", disse Viviana.
"Sembra un compito gigantesco", disse Mr. Kaufmann. Viviana sorrise.
"Beh, come discepoli di Zevi, avete la mia piena fiducia. Chiamerò le persone presso la Fondazione per far sapere loro che state arrivando. Potrete girare dentro e fuori la casa quanto tempo ne fosse necessario".
 
Quando siamo usciti dal ristorante, abbiamo camminato insieme fino all'angolo di Park Avenue e la 53rd Street. Il signor Kaufmann baciò Ruth e Viviana su entrambe le guance, mi strinse la mano, ci augurò buona fortuna, e girò a destra, tornando verso casa sua.
La fiducia di Mr. Kaufmann ci lasciò di più che solo fiducia; era una carica piena di responsabilità verso giovani architetti nella loro strada per diventare professionisti.

 

 

(1) Edgar Kaufmann, Jr. (1910–1989) è stato un architetto, oratore ed autore americano. Fu Direttore del Dipartimento di Disegno Industriale del Museo di Arte Moderna di New York (MOMA). Dal 1963 al 1986, Edgar jr. E stato Professore Aggiunto di Storia dell’Arte e dell’Architettura alla Columbia University. Edgar Jr. ha fortemente appoggiato a suo padre nella decisione di incaricare a Frank Lloyd Wright la famosa casa ‘Fallingwater”. Dopo la morte di suo padre nel 1955, Edgar Jr. ereditò ‘Fallingwater’e continuò a farne uso ed a compartire questo rifugio di montagna fino il 1963. Dopo affidò le strutture di Wright ed alcuni dei circostanti centinai d’ettari dalle Laurel Highlands alla Western Pennsylvana Conservancy come casa-museo e riserva di spazio naturale in memoria ai suoi genitori.



        



















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